“Sei una nullità. Ancor di più chi ti ha partorito, nutrito, alimentato e cresciuto” (Andrea)
“Questa merda si è rovinato la vita no l’adolescenza. Spero che una cosa buona la faccia, se impiccasse” (Manuela)
“Cosa ti aspetti da una faccia da pezzente del genere? Carcere a vita con pena capitale al primo colpo di tosse” (Raffaele)

Sono solo tre delle centinaia di commenti che si sono scatenati sulla pagina Facebook di Manuel, il ragazzo 16enne che con un’ascia ha ucciso i genitori del suo miglior amico Riccardo Vincelli nella frazione di Pontelangorino, mille abitanti circa. Non uno che si sia fatto qualche domanda. Anzi. Questa truppa di fustigatori ha sentito il bisogno di andare a sfogarsi sulla pagina di un ragazzo di 16 anni e si è messa ad insultare tutti.

Vai a vedere i loro profili e scopri che sono padri, madri, nonni. Sì magari preoccupati, magari sconvolti, sotto choc ma pur sempre “autorizzati” solo dalla loro coscienza ad infamare, odiare, senza fare un passo in più: capire, comprendere.

E poi c’è chi come Siria, prova a difendere almeno la dignità di un paese, della sua generazione: “Conosco Riccardo e Manuel dall’asilo ci sono cresciuta insieme anche se non parlavamo molto. Non permetto a persone senza intelligenza di darci dei bastardi e offendere tutto il paese. Voi leggete solo quello che c’è scritto sul giornale, voi non sapete come stiamo noi abitanti di questo paesino, non siamo assassini. Conosco alcuni casi di figli così con altri fratelli e sorelle ma se collegate il cervello l’educazione è stata uguale per tutta la famiglia ma solo uno si è comportato così. Non è fatto di educazione, devono pagare fino alla fine certo. Ma non accusate i genitori e il paese che non c’entrano niente. Venite qui a vedere se stiamo bene. Nessuno sarà più come una volta”. Una difesa da adolescente, genuina, vera, sincera seppur limitata.

E poi c’è qualche collega che si lancia contro i due ragazzi con deduzioni tipo: “È genetica, inclinazione, indole, problema psichiatrico chiamatela come vi pare. Ci sono inclinazioni naturali e maligne su cui è inutile fare discorsi pedagogici e moralistici”.

Ho fatto per dieci anni il volontario in carcere incontrando detenuti di ogni genere. Non ho una risposta valida per ogni caso ma resto convinto che nessuno nasce criminale. Nemmeno Totò Riina è nato mostro. Lo è diventato. E’ triste pensare che dopo i fatti di Pontelangorino pochi abbiano fatto una riflessione più profonda e non si siano posti qualche domanda: i genitori dei due ragazzi avevano gli strumenti per affrontare i turbamenti, la rabbia di Manuel e Riccardo già manifestata altre volte? Chi erano per Manuel e Riccardo, i loro punti di riferimento? C’era qualcuno che li ascoltava senza giudicarli? La scuola che ha fatto per loro? Li ha bocciati, rifiutati. Non basta tutto ciò per giustificarli ma non basta nemmeno dire “sono solo mostri”, “hanno l’indole da delinquenti”.

Forse vale la pena, come sarebbe corretto fare sempre, affidarci alle parole di chi ne sa più di noi. Alfred Adler, fondatore della psicologia individuale, scriveva “Il bambino è il padre dell’uomo”. Gli stili di vita dell’infanzia “sono il motore delle sue azioni future”. Scriveva ancora Adler: “Quando entra all’asilo o inizia la scuola, quale sia stato il suo grado di collaborazione in casa o di socializzazione, deve mettere alla prova in modo diverso la sua attitudine a cooperare. Qui egli collauda la sua disponibilità a lavorare con gli altri. Una sua insufficiente preparazione a cooperare può essere rivelata avvertendo la sua irritabilità, il suo disinteresse per la scuola, la sua difficoltà a concentrarsi e tutta una gamma di comportamenti “antisociali”: arrivare in ritardo, disturbare, marinare la scuola. Non si possono comprendere a fondo queste dinamiche se non si prende atto che tali bambini sono affetti da un profondo sentimento di inferiorità (…). La scuola dunque agisce sul bambino come un’esperienza collaudante ed è una palestra che, grazie ad una comprensione intelligente, può incrementare il sentimento sociale del bambino evitandogli di terminare i suoi studi come un nemico della società”.

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