Pochi giorni fa, a Hobart, capitale della Tasmania, l’attesa svolta: l’istituzione della più vasta riserva marina al mondo nella regione del Mare di Ross, in Antartide. Oltre 1,5 milioni di chilometri quadrati di superficie marina – un’area grande quanto Italia, Francia, Portogallo e Spagna insieme – saranno protetti, con un’ampia fascia individuata come “zona di protezione generale”, quindi con divieto assoluto di pesca.

Lo ha stabilito, nel corso della sua 35° riunione annuale, la Commissione per la Conservazione delle Risorse Marine Viventi Antartiche (Ccamlr), composta da 24 Stati, tra essi l’Italia, più l’Unione europea. È un accordo che ha precise peculiarità, le riserve marine generalmente vengono create da singole nazioni, qui invece l’istituzione dell’area protetta coinvolge decine di Paesi, uniti dall’intento di tutelare una zona oceanica che peraltro non rientra nella giurisdizione di nessuno di essi.

La portata storica del trattato è indubbia, l’Antartico resta una delle ultime frontiere selvagge del mondo, visto dall’Europa appare un luogo difficile da raggiungere, più simile a un pianeta che a una parte della terra, eppure è di importanza strategica, contiene alcuni degli ecosistemi più intatti del pianeta, con un oceano in gran parte non toccato dall’uomo, banchi di ghiaccio e acque incontaminate che ospitano ecosistemi ricchi di biodiversità. Un grande laboratorio, fondamentale per lo studio degli effetti del cambiamento climatico.

Fin dall’Ottocento le esplorazioni hanno aperto l’Antartide agli studi scientifici, portando tuttavia anche problemi quali sfruttamenti indiscriminati di risorse marine, pesca eccessiva del krill antartico, attività militari e difficili equilibri geopolitici. Per disinnescare pretese e contenziosi su porzioni del continente e per stabilirne l’uso pacifico, già nel 1958, al termine dell’Anno Geofisico Internazionale, venne siglato da 12 Paesi il trattato di Washington, entrato in vigore nel 1961, accordo che congelava le rivendicazioni di sovranità e metteva al bando qualsiasi attività di carattere militare in favore della cooperazione per la ricerca.

Per prendere parte al processo decisionale a sud del 60° parallelo, una volta ammessi, occorre manifestare un “interesse attivo” per l’Antartide, testimoniato dalla conduzione di costose e tecnicamente complesse attività di ricerca: un criterio di per sé assai selettivo del quale fa parte l’Italia. Il nostro Paese vanta una lunga tradizione di ricerca e di collaborazioni sul piano scientifico nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), la Stazione scientifica italiana “Mario Zucchelli” si trova nella Baia di Terra Nova, in una posizione centrale e strategica del Mare di Ross per le attività di ricerca e monitoraggio marino.

L’Italia si è dichiarata pronta a partecipare attivamente al piano di ricerca e monitoraggio dell’area marina protetta della Regione del Mare di Ross, impegnandosi a cooperare con tutti i Paesi interessati, per assicurare l’efficacia della misura di conservazione decisa pochi giorni fa. Lo spirito è quello giusto: preservare l’ultima area incontaminata del pianeta nell’interesse delle nuove generazioni.

Articolo Precedente

Terremoto, Ingv: “L’allontanamento della costa tirrenica da quella adriatica all’origine delle scosse da agosto a oggi”

next
Articolo Successivo

Amazzoni climatiche /5 – Zakia Naznin, migrazioni ambientali e giustizia climatica

next