Arringhe hard al processo Vatileaks 2. Dopo le richieste dei pm vaticani, l’avvocato di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda ha letto in aula un messaggio whatsapp che Francesca Immacolata Chaouqui inviò al prelato: “Ascoltami bene verme. Contavi e conti meno di zero. Quando fosti l’unico escluso della Segreteria per l’economia ti ho ritenuto un coglione, ma un coglione onesto. Verme. Mezzo frocio rotto in culo ti sputtano a mezzo stampa. Merde come te non meritano niente”. L’avvocato Emanuela Bellardini, alludendo anche alla notte di sesso tra Vallejo Balda e la Chaouqui, negata dalla difesa della donna, ha così spiegato ai giudici vaticani il clima di minacce e pressioni continue di cui sarebbe stato vittima il prelato vicino all’Opus Dei.

Ai magistrati d’Oltretevere l’avvocato di Vallejo Balda ha chiesto in prima istanza l’assoluzione con formula piena da tutte le imputazioni o in subordine l’assoluzione dal reato di associazione a delinquere perché il fatto non sussiste e l’assoluzione per insufficienza di prove dal reato di divulgazione di documenti riservati in concorso. In ulteriore subordine l’assoluzione dal reato di associazione a delinquere perché il fatto non sussiste e il minimo della pena, con attenuanti, per il reato di divulgazione di documenti riservati in concorso. L’avvocato della Chaouqui, invece, ha chiesto l’assoluzione con la formula più ampia da tutti i capi di imputazione. Le richieste del pm vaticano, invece, erano state molto più dure: 3 anni e un mese per Vallejo Balda, 3 anni e 9 mesi per la Chaouqui, un anno e 9 mesi per Nicola Maio, l’assoluzione per insufficienza di prove per Emiliano Fittipaldi e un anno per concorso morale per Gianluigi Nuzzi.

Serviranno almeno un altro paio di udienze prima della sentenza del processo Vatileaks 2, iniziato nel novembre 2015 dopo gli arresti di Vallejo Balda e della Chaouqui. Mancano, infatti, ancora le arringhe degli avvocati di Maio e dei due giornalisti e poi la replica del pm vaticano. In aula il difensore del prelato spagnolo ha spiegato che il suo assistito “ha riconosciuto subito di aver trasmesso i documenti ai giornalisti, ma non sussiste nessuna associazione criminosa tra Vallejo Balda e la Chaouqui e non vi è stato alcun concorso per la divulgazione dei documenti”. Per l’avvocato del monsignore i contenuti dei documenti divulgati dal suo assistito erano “nella maggior parte già noti e apparsi sulla stampa come l’articolo ‘Quanto costa diventare santi?’ pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 21 settembre 2013”.

Di “processo e meta processo” ha parlato, invece, l’avvocato della Chaouqui con riferimento a quanto avvenuto nell’aula del Tribunale vaticano in contrapposizione alle “chiacchiere lette sulla stampa”. Il difensore della pr calabrese non ha esitato a definire la sua assistita “antipatica, arrogante, insopportabile, indisciplinata e presuntuosa, che non piace perché non sta mai zitta e non abbassa mai la testa, una persona che ha commesso tanti errori, ma le prove devono riguardare i capi di imputazione”. Di qui è scaturita un’arringa durata 5 ore nella quale l’avvocato, sottolineando più volte che “Vallejo Balda è reo confesso”, ha sostenuto la totale estraneità della Chaouqui dalla vicenda Vatileaks 2. “Una persona – ha sottolineato il difensore della pr – che è stata dipinta sui giornali come una pericolosa criminale, un’affiliata della mafia cinese, facente parte dei servizi segreti di mezzo mondo, un boss, mentre è solo una donna, una moglie e una madre che vuole verità e giustizia”.

Interviene a distanza anche Gianluigi Nuzzi che, il giorno dopo la richiesta di condanna nei suoi confronti, commenta: “Il concorso morale ce lo hanno dato per l’impulso psicologico. Siamo nella metafisica del diritto, dalle leggi all’emotività. Parlare di impulso psicologico lo trovo offensivo non solo dell’esercizio della libera professione di giornalista ma anche della giusta ricostruzione dei fatti che una corte deve compiere”. Per il giornalista “questa distorsione compiuta dal pubblico ministero sono convinto che il Tribunale non andrà ad accoglierla. L’impulso psicologico è una cosa assolutamente intangibile. Un giornalista ha una fonte ed è normale che se questa fonte dice di aver scoperto tante schifezze il cronista voglia sapere quali siano e voglia pubblicarle e renderle pubbliche. Vediamo il Tribunale cosa deciderà. Se verrà confermata la condanna valuterò, non intendo far cadere la cosa ovviamente. Andrò in appello”.

Twitter: @FrancescoGrana

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