A Vienna la riunione della comunità internazionale sulla Libia, convocata dal nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e dal segretario di Stato Usa John Kerry, ha assecondato le richieste del premier designato del governo di unità nazionale Fayez al-Sarraj di allentare l’embargo sulle armi. Al-Serraj era stato già abbastanza netto in merito alle sue richieste: “Non chiediamo un intervento straniero in Libia, ma chiediamo assistenza con addestramento e la rimozione dell’embargo delle armi al nostro governo: la comunità internazionale ha responsabilità verso la Libia , e quando si tratta di sconfiggere lo Stato Islamico ricordo ai nostri amici che questo sarà raggiunto dagli sforzi libici e senza intervento militare straniero”.

Il ministro Gentiloni ha sottolineato di essere pronto ad addestrare ed equipaggiare le forze militari libiche come chiede il governo al-Sarraj. Si riapre quindi il mercato delle armi in un paese lacerato dalla guerra civile e dalle infiltrazioni jihadiste con in testa l’Isis che ha come obiettivo il controllo delle infrastrutture critiche e la rendita di posizione che ne deriva. Secondo l’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia dal 2005 al 2012 le autorizzazioni dei governi ad esportare armi in Libia sono state di 431,7 milioni di euro per la Francia, 375,5 per l’Italia, 161,8 la Gran Bretagna, 95,9 la Germania e 22,9 il Belgio. Quanto alle consegne effettive, il podio non cambia: Francia (248,2 milioni di euro), Italia (177,5). Il nostro belpaese ha avuto sempre un occhio di riguardo verso la sua ex colonia primeggiando nel settore dell’export di armi soprattutto durante il regime di Gheddafi.

Le armi però non sono sicuramente la soluzione ai problemi libici. Il giornale El Watan algerino sottolinea come l’Isis continui a dettare legge nelle località occupate sottolineando lo scarso impatto delle Nazioni Unite sul terreno. Esempio lampante il consiglio militare della città di Zentane, 160 km a sud ovest di Tripoli, che ha rifiutato di incontrare il generale italiano Paolo Serra, esperto militare della delegazione delle Nazioni Unite in Libia. Per non parlare della Francia che da un lato in sede Onu sostiene il governo unitario, mentre dall’altra continua a sostenere Tobruk, suffragando le milizie del generale con corpi di intelligence.

Secondo invece Guinée Conakry infos sarà essenziale monitorare il tutto perché queste armi potrebbero essere deviate dai loro obiettivi di guerra e finire per esempio nelle mani dell’Isis che potrebbe guadagnarci.  La 17° relazione dell’Ue sulle esportazioni di armamenti relativa all’anno 2014 è stata resa ufficialmente il 4 maggio 2016. Secondo la Rete italiana per il disarmo (Rid) e l’European Network Against Arms Trade (Enaat) diversi Stati membri non comunicano secondo gli standard comuni richiesti, il che rende impossibile confrontare i dati e avere una visione chiara e coerente delle esportazioni di sistemi militari dei paesi dell’Ue.

Molti dei maggiori esportatori non forniscono all’Ue i dati sulle esportazioni effettive (consegne) di armamenti, come il Regno Unito e la Germania, o non rivelato i dati sulle esportazioni secondo le specifiche categorie di sistemi militari, come la Francia e l’Italia. Insomma la situazione libica non ne esce affatto migliorata dal valzer viennese con i singoli interessi ancora prevalenti rispetto ad un riequilibrio stabile.

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