Nonostante la precaria tregua raggiunta in Siria, la situazione dell’area medio-orientale rimane critica. I rischi per la pace sono altissimi. Sono all’opera avventurieri senza scrupoli, come il presidente turco Erdogan, che pur di conservare il proprio potere autocratico, darebbe volentieri fuoco a tutto il Medio Oriente e all’area mediterranea.

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Ma come si è arrivati a tanto? Un po’ di memoria storica, come al solito, non guasta. Occorre risalire al piano, concepito dall’Occidente in diretta collaborazione con alcuni Stati autoritari e apertamente tirannici che sono i suoi alleati storici nella regione medio-orientale (soprattutto Turchia ed Arabia Saudita), di eliminare il presidente siriano Assad riproducendo lo schemino che aveva avuto successo con Gheddafi. E cioè approfittare del giusto malcontento popolare contro regimi (quello siriano ovviamente compreso) incapaci di rispondere ad esigenze e domande giuste, sia di carattere economico (più giustizia sociale e redistribuzione del reddito) che politico (più democrazia e limitazione del potere degli apparati), per fomentare la guerra civile. Il risultato è stata la guerra civile che ha visto, come sempre avviene in questi casi, il prevalere delle forze più organizzate militarmente, massacri senza fine e l’esodo di milioni di profughi che sta facendo tremare l’Europa, i cui “strateghi” che andrebbero immediatamente rinchiusi in manicomio, sono peraltro alla base del disastro che si sta verificando.

La soluzione, un dialogo diretto tra Assad e gli insorti (eccettuati ovviamente i fondamentalisti islamici), con la partecipazione altrettanto ovvia dei Kurdi, che con una lotta dura e pagando un alto prezzo in termini di vite umane hanno conquistato il controllo territoriale del Nord-Est del Paese e sono arrivati fino alle porte di Aleppo. Scopo di questo dialogo deve essere preparare la transizione verso un nuovo Stato siriano, plurale, partecipato ma unitario. Un’impresa non impossibile, se non fossero all’opera dei guastatori che la vogliono far fallire. E qui occorre fare nomi e cognomi. In primo luogo Arabia Saudita e Turchia, ma anche i loro complici occidentali, tra i quali troviamo in prima fila la Francia di Hollande che evidentemente vuole ripercorrere i passi e ricelebrare di Sarkozy, maggiore responsabile del disastro libico che è tuttora in corso.

Le stesse forze che, in competizione fra di loro per il controllo sulle fonti energetiche, gas e petrolio, vorrebbero intervenire anche in Libia, con la scusa dello Stato Islamico. In realtà è risaputo che quest’ultimo costituisce uno dei risultati delle politiche occidentali nell’area. Ma, come un pugile suonato, Nato & Co. continuano a riproporre le solite fallimentari ricette. Bombardamenti indiscriminati, uso di droni, nuovo strumento diabolico che consente di dare la morte a distanza e che, nonostante la sua pretesa precisione, è all’origine di migliaia e migliaia di vittime innocenti, nonché di eliminazioni selettive di persone uccise su commissioni di tiranni locali, come quello yemenita Saleh.

Occorrerebbe invece, per dare una risposta efficace al terrorismo, bloccare i finanziamenti e i sostegni provenienti da Stati come la Turchia e l’Arabia Saudita, che invece continuiamo imperterriti a inondare di armi e denaro. Bisognerebbe selezionare i nostri interlocutori ed alleati locali secondo criteri democratici, privilegiando i rapporti con forze progressiste come i Kurdi che hanno instaurato nella Rojava liberata un governo democratico, plurietnico e rispettoso dei criteri di genere, nonostante siano combattuti aspramente da una parte dal massacratore Erdogan e dall’altra dai terroristi tagliagole dell’Isis, cui hanno inferto molti durissimi colpi, con grande smacco del loro primo. Si continua invece a dare fiducia a tiranni torturatori come Sisi, il Pinochet egiziano, responsabile della morte atroce di un nostro ragazzo.

Occorre quindi dissociarsi nettamente dalla Nato e da nuovi piani guerrafondai in Libia, Paese dove l’occidente ha già fatto, negli ultimi cinque anni, danni enormi e irreparabili.  Perfino il ministro Pinotti ha affermato che è “impensabile” un intervento militare volto all’occupazione del Paese. Ma non basta. Ci vuole una linea alternativa basata sugli elementi predetti (blocco del sostegno ai regimi che a loro volta sostengono i terroristi, rottura con i regimi liberticidi e torturatori, sostegno alle forze autenticamente democratiche). Ma si tratta di scelte che richiedono un coraggio di cui il nostro governo, incapace perfino di chiedere conto a un presunto alleato della morte per tortura di un suo cittadino, è palesemente sprovvisto.

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