La Giovanna d’Arco scaligera è stata propagandata come un intervento per valorizzare il Verdi giovane: una scelta lodevole, che s’inserisce peraltro in un fecondo processo culturale risalente almeno agli anni 70 del secolo scorso.

Puntare su Giovanna d’Arco resta però sempre una sfida per il teatro come per l’ascoltatore. Non tanto per la musica, che, pur alternando momenti di straordinaria bellezza ad altri più ordinari e corrivi, cattura comunque l’attenzione e stimola la risposta emotiva; quanto e soprattutto per l’impianto drammatico, che procede a strattoni e lascia spesso sbalestrato lo spettatore. Giovanna d’Arco non è un soggetto che si coglie d’acchito. Esige una certa preparazione per essere apprezzata. Ciò vale per il pubblico abituale del teatro, ma ancor più per gli studenti delle scuole.

Prima della Scala, Giovanna D'Arco inaugura stagione

È buona consuetudine degli insegnanti collaborare con i teatri e spronare i giovani alla conoscenza del melodramma, patrimonio fondamentale della nostra civiltà. Nel caso della Giovanna d’Arco i docenti di musica milanesi avranno però un bel daffare: si troveranno di fronte ad alcune difficoltà. Dovranno intanto rendere comprensibile la strutturazione drammatica, che comporta tre passaggi: la vicenda storica (sec. XV), la “tragedia romantica” di Schiller (1801), il “dramma lirico” di Solera e Verdi (1845). Indi dovranno delucidare il Finale, che nel dramma e nell’opera si discosta dalla realtà storica: se l’eroina medievale è giustiziata sul rogo per sospetta stregoneria, in Schiller e in Verdi muore in un’estasi mistica guardando il cielo dischiudersi. Questa differenza impone che si discuta con gli studenti la manipolazione storica, e il conseguente nuovo costrutto intellettuale della tragedia e del melodramma.

Stante la complessità di queste operazioni, ci si asterrà dal portare i ragazzi alla Scala? Neanche per idea. Essi vanno però istruiti adeguatamente. C’è una strada per consentire l’accesso a quest’opera: mostrare la ‘distanza’ culturale che ci separa dalla vicenda di Giovanna, sia che la si legga nella storia medievale, nel dramma di Schiller o nell’opera di Solera e Verdi. L’irrefrenabile baldanza della Pulzella, nonché il suo contrasto con il tirannico genitore, vanno contestualizzati in una cornice ideologica remota: sarebbe improprio rapportarli all’attualità. Un genitore così pervicacemente dispotico circa la verginità della fanciulla è difficile da concepire ai giorni nostri, nella nostra società. Egualmente dissennato è il ribaltamento dell’eroismo patriottico di Giovannasulla Francia di oggi, barbaramente ferita. Altrettanto anacronistico sarebbe viceversa cercare nella Giovanna di Verdi l’immagine, novecentesca, della Santa protettrice di Francia. Chi crede che “attualizzando” (per un verso o per l’altro) un soggetto come questo se ne agevoli la comprensione, rischia paradossalmente di ostacolarla.

A ciò si aggiunge che l’allestimento scaligero, ricco di abbaglianti effetti teatrali, determina una complicazione in più. I due registi hanno collocato la scena in un interno piccolo-borghese: nel suo letto Giovanna sogna, si dispera, si infervora, farnetica, agonizza, infine si estasia nella contemplazione dei cieli. Per tutto lo spettacolo i registi fanno dell’eroina una giovane invasata, allucinata, che “sente le voci”: demoni ed angeli, battaglie e cerimonie, lusinghe e scandali sono proiezioni di una mente alterata. Interpretazione affascinante, e non impertinente sotto il profilo storico e letterario. Ma a teatro sarà richiesto ai ragazzi di attuare un doppio o triplo salto interpretativo, dalla storia medievale a Schiller e Verdi, e da Verdi a ciò che si vede in scena. Per niente facile. Molto dipenderà dalla bravura dell’insegnante. Dovrà spiegare che, certo, una componente di esaltazione ci deve essere stata nella Pulzella storica, e di conseguenza c’è anche nella protagonista della tragedia e del melodramma. Ma incentrare l’intera rappresentazione teatrale sulle estrinsecazioni oniriche di una mente visionaria è una forzatura registica, una lettura di stampo psicoanalitico che appartiene a una cultura storica ancora diversa.

Validi docenti nella nostra scuola ce ne sono tanti: è dunque facile sperare che, nonostante le asperità, i risultati non mancheranno.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

MANI PULITE 25 ANNI DOPO

di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ Acquista
Articolo Precedente

Paolo Tarsi, il nuovo album ci ricorda l’essenzialità di ogni nota

next
Articolo Successivo

Horacio Durán racconta la poesia del suono. La videointervista

next