Sono scene dell’orrore quelle che spesso si parano davanti agli uomini del Gcic. Carlo Parini è un omone, un cinquantenne siciliano alto, robusto e schietto. Ma a volte è troppo anche per lui. “Nella primavera del 2005 ci furono diversi sbarchi di cinesi provenienti da Malta. Gli scafisti erano soliti buttarli in mare a circa un miglio dalla costa, ma l’acqua in quella stagione era ancora fredda e molti non ce la facevano. La notte del 24 marzo, sulla costa intorno a Pozzallo, recuperammo nove cadaveri. Qualcuno era riuscito ad arrivare a terra fino alla strada, ma non era sopravvissuto. Erano ragazzi e ragazze giovani. Scoprimmo poi un giro di visti scolastici falsi fra Pechino e Malta, messi in vendita a 10mila euro l’uno, che permettevano la circolazione nell’area Schengen. Riuscimmo almeno a dare un nome a tutti quei cadaveri, e le nostre indagini, in collaborazione con le autorità di La Valletta, portarono all’arresto dei tre fratelli fratelli maltesi organizzatori del traffico”.

La mattanza dei cinesi coi visti falsi 

Poi ci fu quella volta, nel 2011, dei sepolti vivi nella tonnara abbandonata di Santa Panagia, vicino a Siracusa. Ventidue giovani egiziani da una settimana erano reclusi in un tugurio sotterraneo perché i trafficanti cercavano di estorcere altri soldi ai familiari. Uno degli scafisti, fermato all’epoca, incontrerà di nuovo Aziz e Parini su una nave intercettata dalla Marina militare a ottobre di quest’anno, in un’operazione conclusa con 21 arresti. Finirà di nuovo in carcere, nonostante il goffo tentativo di inscenare un “carramba che sorpresa” con tanto di baci e abbracci agli “amici” ritrovati.

Il sequestro degli egiziani nella tonnara di Santa Palagia

Il commissario Parini apre da Internet una mappa della costa libica e snocciola i porti di partenza: Zuwara, Tobruk, Bengasi… Anche in Egitto, aggiunge, “conosciamo tutti i luoghi d’imbarco, e chi opera, nel delta del Nilo. Ormai ci basta vedere il colore del barcone per capire da dove proviene”. Ma il muro di gomma di Egitto e Libia non lascia andare oltre. Poi ci si mettono pure le leggi italiane. Parini, un po’ di anni fa, riuscì a incastrare un grosso trafficante. Che del boss aveva tutto, tranne il physique du rôle. Giovane, bella, “con rotoli di banconote nascosti sotto i vestiti colorati”, scrive di lei Cristina Giudici in Mare Monstrum (Utet 2015), un libro che racconta gli uomini e le storie del Gicic. Lei è Madame Gennet, vero nome Ganet Tewide Bahare, eritrea. Nel 2003, Parini si trovò a occuparsi di un gommone carico di cadaveri alla derive vicino a Lampedusa. Arrivavano dalla solita Zuwara, erano tutti morti di stenti tranne una donna che fu salvata per miracolo. Indicò Madame Gennet come numero uno dell’organizzazione. Quel nome ritornava in altri sbarchi. La ‘madame’ fu arrestata a Tripoli e – Gheddafi era ancora saldo in sella – consegnata all’Italia. Finì in carcere a Civitavecchia, ma ne uscì dopo tre anni appena. Grazie all’indulto.

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