Per i ragazzi accusati di stupro di gruppo, che sarebbe avvenuto a Firenze, la sentenza di secondo grado ha deciso l’assoluzione. Prima che parta lo scontro tra innocentisti e colpevolisti, roba da tifoserie in cui si fa a gara a chi è più giustizialista, con castrazioni e cose del genere per gli accusati e campi di concentramento per chi accusa, dico subito che a prescindere dal fatto che sia o meno avvenuto lo stupro quello che lascia basite è la motivazione della sentenza.

Intanto si trascura un dato: quando una donna è ubriaca non è in grado di acconsentire a nulla di nulla. Dunque come si fa a dire che “era presente a se stessa anche se probabilmente ubriaca” e che “l’iniziativa di gruppo comunque non fu ostacolata”? Come si fa a concludere che “la ragazza con la denuncia voleva rimuovere quello che considerava un suo discutibile momento di debolezza e fragilità”?

Perché ci si riferisce alla sua “vita non lineare” giacché lei pare avesse avuto qualche rapporto occasionale, una convivenza e un rapporto omosessuale? Perché i giudici descrivono la ragazza come “un soggetto fragile, ma al tempo stesso creativo, disinibito, in grado di gestire la propria bisessualità, di avere rapporti fisici occasionali di cui nel contempo non era convinta”?

Se una donna è ubriaca non è presente a se stessa. Se è ubriaca non può certo “ostacolare” proprio niente. Se i giudici considerano che il sesso di gruppo sia “un momento di debolezza” è un problema loro. Per alcune persone è una scelta che riguarda il proprio piacere. Nulla di cui pentirsi, insomma. E se la ragazza è così “disinibita” come si dice perché avrebbe dovuto voler “rimuovere” l’accaduto con una denuncia? Non è possibile che lei abbia semplicemente realizzato che si trattava di uno stupro? Sanno i giudici che perfino nel caso in cui una donna dice sì all’inizio e poi dice di no durante un rapporto se lui continua è stupro? Cosa c’entra la sua vita “non lineare”? La bisessualità? L’indagine sulla moralità della ragazza? Su quanti rapporti occasionali ha avuto?

Dal processo per stupro, dai tempi di Franca Viola, del matrimonio riparatore, insomma, non è cambiato mai nulla. Fossero stati sei rumeni sarebbero stati condannati di sicuro. Così invece è lei quella che è stata effettivamente processata. Le sue abitudini sessuali. Il suo privato, consegnato a chi rovista nelle mutande delle donne per decidere se sei stata stuprata oppure no.

C’è una pressione culturale forte che, effettivamente, può far vergognare di qualcosa una ragazza, ma qui si parla di una “disinibita” che non penso avesse interesse a tenere salda la sua reputazione. Se io sono disinibita, mi piace il sesso, lo faccio anche in maniera occasionale, che me ne frega di dimostrare che sono ancora vergine? Proprio perché disinibita sono anche consapevole di quelli che sono i miei desideri sessuali e so distinguere uno stupro da un rapporto consensuale. Perciò perché lei avrebbe dovuto dire che è stata stuprata se invece non lo è stata?

Qualcosa da dire al riguardo: culturalmente, se la smettessimo di giudicare le donne per quel che fanno con il proprio corpo, sarebbe utile per tutti. Se smettessimo di identificare alcuni comportamenti come soggetti alla morale comune, come se lei avesse fatto un dispetto al mondo che mal sopporta la vista di sei ragazzi con una ragazza, o di una ragazza che varia da un rapporto etero a uno lesbico, sarebbe un’ottima cosa. Se la smettessimo tutti quanti di chiamare le donne zoccole per ogni minima trasgressione, allora ci sarebbe meno disagio a vivere certe forme di sessualità, senza temere il giudizio degli altri. E se si facesse educazione sessuale nelle scuole si saprebbe, tutti quanti, distinguere tra sesso consensuale oppure no.

Mando un abbraccio alla ragazza e in ogni caso va detto che le motivazioni della sentenza sono intrise di un moralismo senza fine. E questo alimenta la cultura dello stupro invece che contrastarla. Quindi a che serve denunciare? A che serve legittimare una istituzione paternalista che “protegge” le donne solo quando vivono secondo le regole morali a loro imposte?

Non denunciate, care. Lasciate perdere i tribunali. Tanto è tutto perfettamente inutile. Perché vivere un’agonia di anni per poi sentirsi dire che siamo visionarie e che quel che abbiamo vissuto non era vero affatto? Scendiamo in piazza, piuttosto, ed evitiamo di farci la morale a vicenda, perciò parliamo di una slut walk, fatta di donne e uomini svestit*, immorali, indecenti, senza pudore, perché lo stupro è stupro e prescinde da come mi vesto, da quanti uomini o donne ho scopato, prescinde da tutto. Tirate su la testa, care. Spalle dritte e nessuna vergogna o senso di colpa. Buona lotta a tutte!

Articolo Precedente

Stupro, le donne lo provocano? Assessore Colombo, si dimetta

next
Articolo Successivo

Stupro, quella perversa abitudine di processare la vittima

next