Telecronache d’una vittoria annunciata   

Assist di Pirlo in area di rigore tedesca, sinistro di prima intenzione a girare e gol (un minuto dopo raddoppia Del Piero, che ribadirà l’accesso alla finale di Germania 2006). «Mio dio, mio dio, Fabio Grosso. Fabio. Fabio Grosso. Fabio Grosso. Fabio Grosso», il commento di Marco Civoli. Con l’incontenibile corsa di Marco Tardelli ai mondiali spagnoli del 1982 – il presidente Pertini s’alza in piedi, Nando Martellini scandirà tre volte «campioni del mondo» –, è uno dei ricordi più belli della storia calcistica italiana.

Grosso regalerà alla Nazionale, nel 2006, anche il quarto titolo mondiale, tirando il rigore decisivo nella finale contro i francesi. Ancora Civoli: «è finita. È finita. È finita. È finita. Il cielo è azzurro sopra Berlino. Siamo campioni del mondo». Gli fa (numerico) eco Fabio Caressa, su Sky: «Siamo campioni del mondo. Campioni del mondo. Campioni del mondo. Campioni del mondo. Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene, vogliamoci tanto bene».  

Più di trent’anni di mondiale in tv: Martellini e Pizzul

Bruno Pizzul esordisce, in terra messicana, nel 1986. Sostituisce Martellini, colpito da un malore provocato dall’altitudine, ma l’Italia sarà buttata fuori dalla Francia: «È finita. È finita la partita. Ed è finita anche l’avventura degli italiani, dei campioni del mondo, qui in Messico. I francesi vanno avanti, noi andiamo a casa». All’eliminazione in Messico (2 a 0) seguirà quella di Italia 1990, dopo l’errore dal dischetto di Aldo Serena: «L’Argentina è finalista in Coppa del Mondo. […] Sono immagini che non avremmo mai voluto commentare». A Usa 1994 è Roberto Baggio a sbagliare l’ultimo penalty, e Pizzul: «Alto. Il campionato del Mondo è finito, e lo vince il Brasile ai calci di rigore». Anche ai mondiali di Francia (1998) Pizzul racconta la telecronaca di una disfatta («è finita. La Francia va in semifinale. Una volta ancora i calci di rigore ci sono stati avversi»), e va ancor peggio quattro anni dopo: ai mondiali nippo-coreani ci castiga il “perugino” Ahn Jung-Hwan; realizza il golden gol, e l’«Italia è eliminata».

Sedici anni per Pizzul e altrettanti per il suo predecessore. Subentrato a Carosio a Messico 1970, a manifestazione già iniziata, Nando Martellini aveva concluso così la leggendaria semifinale vinta dagli azzurri (4 a 3) contro la Germania: «Telespettatori italiani, al termine di due ore di sofferenza e di gioia vi possiamo annunciare: l’Italia è in finale nella Coppa Rimet». Avrebbe raccontato la vittoria del’82 al Santiago Bernabéu dopo la sconfitta in un’altra semifinale, per mano dell’Olanda, ai mondiali argentini del 1978.

Fra radio e tv: Nicolo Carosio

La prima radiocronaca di una partita di calcio, Italia-Ungheria (4 a 3), è del 25 marzo 1928. La voce è di Giuseppe Sabelli Fioretti, allora poco più che ventenne, ma è Nicolò Carosio la prima grande voce radiofonica della Nazionale. La sua avventura ai mondiali ha inizio nel 1934, e prosegue nel 1938. Con la Seconda Guerra Mondiale si ferma tutto, si ricomincia dal Brasile (1950). Sugli azzurri c’è un grande entusiasmo, ma è subito spento dalla sconfitta subita, nella gara inaugurale, da una Svezia di dilettanti. «La nostra ansimante controffensiva inchioderà gli svedesi alla stretta difensiva», commenta Carosio l’assedio degli azzurri, alla ricerca del gol del pareggio. Toccherà ancora a lui raccontare l’eliminazione dai mondiali in Svizzera (1954), contro i padroni di casa («Abbiamo perduto, e torniamo a casa prima del tempo»), e il rissoso match contro i cileni nei mondiali seguenti, repertoriato fra le gare internazionali più fallose di sempre. «[Giorgio] Ferrini lascia il campo scortato dai carabinieri come un volgare scippatore da mercato rionale», osserva Carosio dopo l’espulsione del calciatore (stessa sorte per Mario David). Chiude lamentando le «occasioni sprecate con la Germania» e la «faziosità dell’arbitro» («ci hanno pagato il biglietto di ritorno»), ma il ritorno a casa è nulla al confronto dell’uscita dal mondiale inglese (1966) per mano dei nordcoreani, descritti prima della partita fatale da Ferruccio Valcareggi, vice di Edmondo Fabbri, come tanti «Ridolini del calcio».

Nicolò Carosio esce di scena dai mondiali, nel 1970, con la partita Italia-Israele. Si era espresso in modo infelice su Seyoun Tarekegn, guardalinee di nazionalità etiopica, dandogli per due volte dell’etiope. A difenderlo Enzo Tortora, in una lettera pubblicata sul “Resto del Carlino” e indirizzata al direttore generale della Rai: Ettore Bernabei.

di Massimo Arcangeli e Sandro Mariani

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