Studenti universitari appartenenti a ben 42 reti di associazioni studentesche di 19 paesi del Mondo hanno pubblicato un manifesto per il pluralismo nell’insegnamento e nella ricerca dell’economia politica. Il loro manifesto, intitolato “Dichiarazione globale per il pluralismo in economia” è stato pubblicato in italiano da economiaepolitica.it , che sostiene l’appello perché è “necessario arginare l’influenza del mainstream conservatore che continua a fornire una giustificazione culturale alle politiche di austerità in Europa e in generale alle politiche liberiste nel mondo, anche a dispetto dei suoi evidenti limiti analitici e del fallimento di quelle politiche”. Il manifesto è disponibile nella versione inglese sul sito isipi.net e ha trovato anche il sostegno di numerosi docenti universitari di tutto il mondo, tra cui economisti come Jean-Paul Fitoussi, Marc Lavoie, Warren Mosler e Larry R. Wray. In Italia l’appello è sostenuto – tra gli altri – da economisti come Pier Giorgio Ardeni, Salvatore Biasco, Sergio Cesaratto, Daniele Checchi, Stefano Lucarelli, Giorgio Lunghini, Marcello Messori, Laura Pennacchi, Gustavo Piga, Riccardo Realfonzo, Alessandro Roncaglia e Antonella Stirati (l’elenco completo dei firmatari è su www.economiaepolitica.it ).

Il documento degli studenti lamenta uno scadimento dell’insegnamento e della ricerca in economia politica, reso ancora più evidente con la crisi economica che è stata affrontata con strumenti di politica economica inadeguati ed obsoleti. Ma gli studenti non ci stanno e mettono in piedi un movimento per il pluralismo che prende piede in Argentina, Austria, Brasile, Canada, Cile, Danimarca, Francia, Germania, India, Inghilterra, Israele, Italia, Nuova Zelanda, Scozia e Stati Uniti.

Un maggiore pluralismo nella ricerca economica, avrebbe, come scrivono gli studenti, effetti rilevanti: “All’interno delle università il pluralismo significherà una più ampia varietà teorica e metodologica nei nostri libri di testo, ed una formazione più solida e reattiva. Fuori dalle università, invece, il pluralismo comporterà una più ampia gamma di opzioni nell’inventario degli strumenti dei nostri governi, per migliorarne la capacità di trovare soluzioni collettive ai problemi globali dell’economia”. Per queste ragioni è necessario che l’insegnamento dell’economia torni a comprendere “prospettive teoriche che vanno dai più comuni insegnamenti dell’approccio neoclassico fino a quelle tradizioni largamente escluse come quelle classica, post-keynesiana, istituzionale, ambientalista, femminista, marxista e austriaca”, evitando un’involuzione tutta tecnico-quantitativa della scienza economica. “Con ciò – essi scrivono – non si vuole sottostimare la necessità del rigore analitico-matematico e quantitativo-statistico. Ma esistono importanti aspetti economici impossibili da indagare esclusivamente per mezzo dell’approccio quantitativo: ad esempio, le istituzioni, le culture e la storia rappresentano elementi determinanti dei meccanismi e processi economici”.

Gli studenti sottolineano la necessità di dare spazio “a docenti e ricercatori che possono essere fonte di diversità teorica nei programmi economici” e non trascurano la questione della valutazione della ricerca scientifica, che tende a premiare gli economisti di formazione neoclassico-liberista, allorché sottolineano la necessità di “dare la priorità nei giornali professionali a lavori pluralisti”.

Il manifesto si chiude con un invito: “Abbiamo bisogno di studenti, professori, ricercatori e sostenitori da tutto il mondo che si uniscano a noi per formare la ‘massa critica‘ necessaria al cambiamento”.

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