Prudenza. È questa la parola che Giorgia Meloni sceglie per commentare l’invito del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a rimuovere il divieto imposto all’Ucraina di utilizzare le armi occidentali per colpire in territorio russo. A distanza di 24 ore dalla diffusione dello Stoltenberg-pensiero, il governo si compatta e ritiene sostanzialmente irricevibile il tentativo di Stoltenberg di superare l’ennesima linea rossa verso l’escalation.

“Non so perché Stoltenberg dica una cosa del genere. Bisogna essere molto più prudenti”, ha detto la presidente del Consiglio ospite di In mezz’ora su Rai 3. “Sono d’accordo sul fatto che la Nato deve mantenere la sua fermezza, non deve dare segni di cedimento”, ha rimarcato per poi sottolineare che “sono molte le dichiarazioni discutibili, ricordo Macron”. Da qui l’invito: “Io consiglio maggiore prudenza”. Ma resta “importante”, ha detto ancora, che la Nato “continui a mantenere il sostegno all’Ucraina per raggiungere la pace”. L’ancoraggio atlantico di Meloni resta comunque saldissima: “È come se chi sostiene l’Ucraina vuole la guerra e chi invece non la sostiene vuole la pace. Io penso sia esattamente il contrario”, ha aggiunto. “Se noi avessimo consentito quella guerra imperialista, la guerra sarebbe arrivata più vicina a noi. Chi ha aiutato l’Ucriana sta fermando la guerra”, ha sostenuto.

Ma cosa aveva detto il segretario dell’Alleanza atlantica? “È giunto il momento per gli alleati di valutare se non sia il caso di revocare alcune delle restrizioni sull’uso degli armamenti che hanno donato all’Ucraina”, ha sostenuto. “Soprattutto ora che molti combattimenti sono in corso a Kharkiv, vicino al confine, negare all’Ucraina la possibilità di utilizzare queste armi contro obiettivi militari legittimi in territorio russo rende molto difficile la difesa”, ha detto Stoltenberg.

Una linea non condivisa dal governo, nonostante Meloni abbia sempre tenuto finora posizioni leali all’Alleanza Atlantica. La chiusura della premier si aggiunge alla cautela espressa dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e il numero uno della Difesa Guido Crosetto già nella giornata di sabato. “Noi siamo parte integrante della Nato ma ogni decisione deve essere presa in maniera collegiale. Noi non manderemo un militare italiano in Ucraina e gli strumenti militari mandati dall’Italia vengono usati all’interno dell’Ucraina”, aveva detto il vice-premier di Forza Italia. Per Crosetto invece è “sbagliato aumentare tensione” che è “già drammatica” e, pur confermando il sostegno all’Ucraina, “bisogna lasciare aperta nei prossimi mesi possibilità di costruire una tregua immediata e partenza di un tavolo di pace”.

La risposta a Stoltenberg è stata l’occasione anche per mettere nel mirino Emmanuel Macron, che nelle scorse settimane ha aperto all’invio di truppe occidentali in Ucraina per dare manforte all’esercito di Zelensky. A quelle dichiarazioni il Cremlino aveva risposto dando il via a un’esercitazione per testare l’uso di armi tattiche nucleari. Ora Meloni, dopo diverse uscite critiche di Matteo Salvini, censura l’idea del presidente francese quando mancano due settimane alle elezioni europee bollandone come discutibili. “Penso che, fermo restando che la guerra porta con sé sempre incognite, mi pare abbastanza controproducente questo racconto allarmante per il quale l’Europa sarebbe sull’orlo di un conflitto più ampio”, ha detto ancora la premier. “È irresponsabile – ha aggiunto in quella che sembra una stoccata proprio a Salvini e a Giuseppe Conte – il gioco di chi alimenta questo per raggranellare qualche voto”.

La presa di distanza della premier, molto netta nel giudizio sulla richiesta del segretario generale della Nato, spinge la Lega a rilanciare. Sabato il Carroccio era stato il primo partito di maggioranza a commentare marcando la distanza, con Salvini durissimo nei confronti di Stoltenberg. Domenica, è arrivato un nuovo colpo: “La Lega è pronta a depositare un ordine del giorno o una interrogazione finalizzate a censurare le parole di guerra del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg”. Insomma, è pronto un atto formale – primo firmatario Claudio Borghi – che costringerebbe gli altri partiti di governo a prendere una posizione al di là delle dichiarazioni.

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