Il Teatro San Carlo, che da due anni vanta un pareggio di bilancio, non era nelle condizioni di aderire alla legge Valore Cultura. Una legge che di valore e di culturale non ha nulla, imponendo un taglio del 35% dei salari delle lavoratrici e dei lavoratori, oltre che un taglio della stessa pianta organica.

Una legge che, inoltre, a fronte di queste decurtazioni, favorisce le esternalizzazioni penalizzando le maestranze del nostro teatro che, pure, sono la sua grande forza. Un semi-commissariamento dall’alto, cioè imposto sulla testa dei lavoratori espropriati dai vertici a vantaggio di un uomo solo al comando, che sarebbe avvenuto a soli due anni dalla fine di una altra stagione di commissariamento, proprio oggi quando ci si è finalmente incamminati sulla strada dell’ordinario. Questo paese, e soprattutto questa terra, la Campania e Napoli, di commissari e di eccezionalità sono stanchi, avendo prodotto, spesso, una emorragia di denaro pubblico senza la risoluzione dei problemi, avvantaggiando un “sistema” fatto da una certa politica distratta e una certa imprenditoria collusa con la criminalità organizzata.

Da presidente del teatro, ruolo che mi deriva dalla qualità di sindaco della città, ho scelto di schierarmi con le lavoratrici e i lavoratori del massimo napoletano, ed insieme a loro dovremo lavorare ad un piano di rilancio, rinnovamento e ristrutturazione che punti sulle risorse interne, che abbatta i costi, elimini le spese inutili. Come comune (socio fondatore insieme alle altre istituzioni), per evitare questa iattura, abbiamo conferito 40 milioni di euro di beni immobili al San Carlo, abbiamo scelto di investirci pur essendo un ente in pre-dissesto e gravato da mille difficoltà economiche. Provo perciò amarezza per la decisione di dimettersi presa dal presidente della Regione Caldoro, dal presidente della Camera di Commercio Maddaloni, dal presidente della Provincia Cesaro, dal rappresentate del Governo Villari.

Dimissioni nate dalla loro volontà di aderire alla legge e che rischiano, essendo al momento azzerato il Cda del teatro a seguito di questa loro decisione, di produrre il commissariamento. Li invito a rientrare da questa posizione, perché non si può abbandonare il San Carlo, e li metto in guardia dal tentativo di far entrare dalla finestra ciò che lavoratrici e lavoratori hanno voluto far uscire dalla porta, ovvero il commissariamento. Si tratta di una stagione finita, ora la strada è quella di una gestione ordinaria e responsabile, che veda coinvolte le maestranze nelle decisioni apicali, che veda le istituzioni tutte pronte ad investire per la autonomia, il rilancio e la partecipazione del teatro. Mi auguro che il governo sia garante su questo tema: la cultura non si commissaria, non si espropria, non si cala dall’alto.

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