…….ovvero come mantenere l’occupazione femminile dopo la maternità?

Ogni tanto leggo di iniziative mirate a questo obiettivo.

Progetti concreti come per esempio il Google campus for moms che, se ho capito bene, è una scuola in cui si apprende a muoversi in modo imprenditoriale: produrre idee creative di lavoro e  trovare investitori in grado di finanziarle.

E’ organizzata in un ambiente compatibile con la maternità, quindi dotato di tutti gli accessori per le neo mamme e i loro bambini, cuscini colorati, fasciatoi, contesto adeguato. E’ una bella idea, per le donne che vogliono diventare imprenditrici.

Anche se mi domando quanto questo sia vicino alle realtà femminili, per lo meno quelle che io conosco, quella italiana. Io stessa a suo tempo non so se l’avrei apprezzato o se l’avrei raccolta come una bella iniziativa, lontana da me. Sarei stata incapace di sfruttarne l’opportunità.

Direi che tante iniziative vadano sempre nella direzione di trovare soluzioni pratiche ad un problema che pratico non è. Quello che mi sembra rimanere sempre un po’ sullo sfondo è la tutela della maternità come momento fondamentale nella vita di una donna, se lo vuole, e nella vita di una società.

Ci sono molti ostacoli che si interpongono tra una donna e la sua decisione di diventare madre.

L’analisi che il basso tasso di natalità e di occupazione femminile sia in relazione all’assenza di servizi di cura dell’infanzia sembra una lettura parziale, che non tiene conto dei sentimenti femminili.

Certi lavori richiedono molta disponibilità di tempo, rinunce sul piano umano, affettivo, restrizione dello spazio di altre aree della vita, sono questioni importanti per la donna che affronta la maternità. A volte si trascorre la gravidanza programmando e organizzando la quotidianità dopo la nascita, e una volta mamme si vivono sentimenti contrastanti molto diversi dagli scenari anticipati.

Alcune decidono di lasciare o sospendere il lavoro, di rifiutare avanzamenti di carriera per non rischiare di non poter stare con i figli e la famiglia e non si tratta solo di donne che si trovano sole a far quadrare l’impegno familiare con quello lavorativo, ma di donne che godono di tutti gli aiuti e i sostegni necessari. Al bivio tra lavoro e affetti scelgono gli affetti, non avendo dubbi su quale sia la priorità in quel momento.

Penso che molte donne vogliano mantenere questo ruolo, ed è il mondo del lavoro che si deve adeguare, perché questa predisposizione femminile ha un importante valore sul piano evolutivo e sociale. Una donna che entra in maternità, dipendente o libera professionista che sia, spesso perde molte occasioni, quando non viene apertamente penalizzata.

Come può una società non riconoscere e non proteggere lo spazio della riproduzione, aspetto centrale per la sua continuità?

Qualsiasi iniziativa volta a migliorare la condizione femminile è importante, ma soluzioni davvero interessanti per le donne, che riescano a integrare i loro bisogni, e quelli della società, forse devono ancora venire. Dobbiamo produrre idee originali che non considerino la maternità come un incidente di percorso, pensare a soluzioni che riportino le nascite e la riproduzione della specie al centro della produttività e non il contrario.

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