Comuni di confine sotto scacco nel cuore della “Padania” leghista. A tenerli alle corde è l’altra Lega, quella dei Ticinesi, che nei giorni scorsi con un blitz al Consiglio di Stato cantonale ha congelato metà dei ristorni, i soldi delle tasse dei lavoratori frontalieri che ogni anno la Svizzera versa al tesoro italiano, in virtù di un accordo bilaterale siglato nel 1974. Da qualche anno però i rapporti tra i due territori di confine si sono deteriorati, “colpa” del ministro Tremonti che dallo scudo fiscale in poi ha ottenuto il risultato di irritare gli svizzeri e di scatenare la loro reazione.

“Il Fascetto Tremonti ha tirato troppo la corda contro il Ticino e adesso per lui sono cavoli amari!”. Inizia così l’ultimo editoriale firmato dal leader della lega dei Ticinesi, il “nano” Giuliano Bignasca, pubblicato sul “Mattino” il domenicale del suo partito distribuito gratuitamente in tutto il cantone. Parole che rendono l’idea della frizione in corso tra Italia e Svizzera, in una lotta fatta di minacce e ritorsioni reali. I leghisti ticinesi stanno mettendo in campo tutta la propria forza per far pagare cari all’Italia gli affronti di Tremonti, reo di aver ingaggiato una “guerra personale contro la Svizzera” (vedi tracciabilità finanziaria, segreto bancario, scudo fiscale, black list, annessi e connessi).

“Solo la Lega Nord può salvargli la cadrega – si legge ancora nel pezzo al vetriolo -, convincendolo a scendere a più miti consigli e a fare ammenda! Perché è chiaro, e tutti anche nella vicina ed ex amica Penisola dovrebbero ormai averlo capito, che il responsabile della rottura tra Svizzera ed Italia è lui, il Fascetto”.

Solo due giorni fa, l’indomani della decisione di bloccare parzialmente i ristorni, lo stesso Bignasca, ha pubblicato sul sito internet del mattino un post dal titolo “Abbiamo vinto ancora!”. L’esultanza era per la fresca decisione del Consiglio di Stato del cantone ticinese di bloccare metà dei pagamenti all’Italia: “Non sono passati neanche 100 giorni di governo e abbiamo già ottenuto il blocco parziale dei ristorni sui frontalieri. La maggioranza del Consiglio di Stato ha fatto capire che non ci facciamo mettere i piedi in testa da Roma ladrona”. Insomma, gli attriti tra Svizzera e Italia non sono mai stati così forti e a pagarne le spese potrebbero essere i lavoratori frontalieri e i comuni di confine, che confessano: “Per noi sarebbe un disastro”.

Ieri sera a Varese, nella prestigiosa sede della Provincia, c’è stato un vertice a cui hanno partecipato i ministri di casa Roberto Maroni e Umberto Bossi e il leghista ticinese Norman Gobbi. È proprio Bossi a parlare della questione con i giornalisti: “Lo scopo di questo incontro è portare Tremonti al tavolo. Ci ho parlato e bisogna fare incontrare lui e Bignasca (il leader della Lega dei Ticinesi, ndr). Dobbiamo portarlo o a Varese o a Lugano, gli offriamo una cena o una birra così lui è contento, perché anche le buone maniere sono importanti”. E sulle richieste della confederazione Bossi è stato altrettanto chiaro: “Bisogna togliere la Svizzera dalla black list, ne sono convinto”. Certo, perché è fondamentale far fare marcia indietro al Canton Ticino sulla faccenda del congelamento dei ristorni, che metterebbe in ginocchio molti comuni della fascia di confine, che traggono ricchezza proprio dal frontalierato: “Bisogna evitare il congelamento, i fondi devono andare ai nostri comuni altrimenti perdiamo troppi voti. Ne abbiamo già persi troppi nei comuni di confine”. Poi Maroni ha telefonato a Giulio Tremonti, che si è detto favorevole ad un incontro con il Nano Giuliano Bignasca. Insomma, dopo la mozione approvata alla Camera ad inizio giugno per togliere la Svizzera dalla black list, la Lega non vuole lasciare nulla di intentato e di fronte alle rappresaglie elvetiche sceglie la linea più efficace: calare le braghe.

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