Un fragoroso quanto vergognoso applauso ha salutato l’arrivo al congresso della Confindustria dell’amministratore delegato della ThyssenKrupp, recentemente condannato a sedici anni e mezzo per omicidio volontario per aver causato la morte di sette giovani operai. Dalla solidarietà con un appartenente alla categoria che, a rigor di logica dovrebbe esserne emarginato e detestato per averne minato la credibilità, si può desumere un atteggiamento di omertà ed esaltazione dell’illegalità che fa davvero venire la pelle d’oca. Tanto più quando tale illegalità, come nel caso in esame, si è tradotta nella distruzione di varie giovani vite.

Impossibile non accostare questo sconcertante fenomeno alle “sparate” (per ora solo verbali) che contro la magistratura produce ogni giorno il buon Bunga Bunga, nell’estremo quanto disperato tentativo di sottrarsi ai numerosi giudizi che incombono su di lui per i motivi più vari, dalla strage, alla corruzione alle in fondo meno gravi marachelle sessuali con le prostitute minorenni, sedicenti nipoti di dittatori arabi oramai tramontati…

L’esaltazione dell’illegalità e l’odio contro i magistrati indipendenti, che sono incaricati di applicare la legge senza guardare in faccia a nessuno, sembrano oramai costituire un tratto caratteristico di settori crescenti della borghesia italiana. Sempre maggiori parti del ceto dominante sono del resto oramai costituite, a livello globale, da criminali: basti pensare alle cifre davvero esorbitanti mobilitate dal narcotraffico e debitamente riciclate da banche compiacenti, al ruolo dell’accumulazione mafiosa, e a come la finanziarizzazione dell’economia consenta a questi settori criminali di accrescere il loro ruolo e i loro poteri.

Come acutamente messo in risalto da Tonino Perna nell’ultimo numero della Rivista Alfabeta , l’Italia, già all’avanguardia ai tempi della nascita del capitalismo e poi meno meritoriamente creatrice del fascismo, costituisce un vero e proprio laboratorio anche in questo deteriore e inquietante fenomeno.

Non è quindi un caso se anche che quelli che dovrebbero essere, secondo visioni un po’ stereotipe ed esageratamente ottimiste, i rappresentanti di una “sana” borghesia industriale, tributino oggi la loro solidarietà a un manager che la magistratura ha riconosciuto colpevole di un grave delitto e si uniscano a Bunga in quello che sembra essere diventato lo sport nazionale delle invero alquanto indegne classe dominanti italiane, dare addosso alla magistratura.

Tutti contro i magistrati, quindi? C’è da dubitarne, visto che la stragrande maggioranza del popolo italiano, un popolo sfruttato, inquinato, truffato, derubato, sfottuto, e, ahinoi, in parte anche rimbecillito dal quotidiano lavaggio del cervello delle reti televisive che rispondono a Bunga e ai suoi servi, continua a vedere nella magistratura il presidio invalicabile dei propri diritti. Guai, però, a lasciare soli i magistrati, come pure gli altri funzionari pubblici che non si rassegnano a diventare servi dei potenti in questo nostro tristo Paese e nel mondo intero….

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