Dopo Madrid, Roma. La numero 1 del mondo Iga Swiatek vince gli Internazionali d’Italia per la terza volta in carriera. Lo fa battendo ancora una volta Aryna Sabalenka (numero 2 del mondo) con il risultato di 6-2 6-3, al termine di un match più combattuto rispetto a quanto dica il punteggio. Il prossimo capitolo tra le due sarà adesso al Roland Garros, dove la polacca si presenta da grande favorita. Il secondo Slam stagionale per la bielorussa sarà invece l’occasione di riscattare i due bocconi amari ingoiati nelle ultime settimane tra l’Italia e la Spagna.

Questa finale al Foro Italico rappresenta però molto di più di un titolo. Definisce e concretizza in maniera ancora più chiara una rivalità di cui il tennis femminile aveva disperato bisogno. Uno scontro di stili e personalità che genera narrazioni, entusiasmo, seguito, aspettative, e che mancava almeno dal 2015, quando a contrapporsi c’erano Serena Williams e Maria Sharapova. Un dualismo che, torneo dopo torneo, sta crescendo sempre di più. Con il tabellone maschile svuotato dai protagonisti più attesi (tra chi ha rinunciato come Sinner e Alcaraz, e chi ha deluso le attese come Djokovic e Medvedev), la finale femminile tra la polacca e la bielorussa è stata il vero evento al Foro Italico. Quella più attesa e che tutti aspettavano di vedere. Per certi aspetti, è possibile affermare che il tennis femminile ha “salvato” questa edizione degli Internazionali d’Italia. Una cosa che, purtroppo, negli ultimi anni non è capitata spesso.

Una contro l’altra, per spingersi oltre
Iga Swiatek è numero 1 del mondo, Aryna Sabalenka numero 2. La prima ha alzato 4 tornei dello Slam (tre Roland Garros e uno Us Open), la seconda invece 2 (entrambi agli Australian Open). Oggi il bilancio negli scontri diretti vede la leader della classifica avanti per 8-3. Un confronto che vive sul rispetto reciproco e sul rialzo della posta. Una ha bisogno dell’altra per alzare il proprio livello, per spingersi oltre. Una caratteristica che unisce tutte le grandi rivalità della storia del tennis e dello sport in generale. Swiatek tatticamente è micidiale, e sulla terra rossa trova certezze granitiche, quasi inscalfibili. Sabalenka invece è forza ed esplosività. Qualità domate dopo tante difficoltà, e ora incanalate nell’eccellenza e nella costanza di rendimento. Il diritto della bielorussa è più devastante, quello della polacca meno definitivo; il rovescio della Swiatek è una certezza, quello della Sabalenka è meno solido.

Prima dell’ascesa di Sabalenka dopo la vittoria degli Australian Open nel 2023, la Swiatek era la padrona solitaria del tennis femminile. Un dominio che ha raggiunto l’apice con le 37 partite consecutive vinte nella primavera del 2022. Ma si sa, i primati solitari tradizionalmente non attirano, non portano un incremento di appassionati. Serve la rivalità. L’esplosione della Sabalenka, il suo dare continuità alle vittorie e ai risultati dopo il titolo Slam, ha creato quindi i presupposti per lo sviluppo di un dualismo che possa riportare il tennis femminile ai fasti gloriosi di tempi passati. Anni in cui la Wta era a livello (tecnico e mediatico) dell’Atp, con scontri come quello tra Billie Jean King e Margaret Court, Martina Navratilova e Chris Evert o Steffi Graf e Monica Seles. Per non dimenticare quello tra le sorelle Williams.

Il dato
Sabalenka e Swiatek adesso proveranno anche a chiudere definitivamente la fase “democratica” del tennis femminile a livello Slam. Quella che ha spinto 17 tennisti a vincere il loro primo titolo del Grande Slam nelle ultime nove stagioni: Kerber, Muguruza, Ostapenko, Stephens, Wozniacki, Halep, Osaka, Barty, Andreescu, Kenin, Swiatek, Krejcikova, Raducanu, Rybakina, Sabalenka, Vondrousova e Gauff. Per avere un termine di paragone, negli otto anni precedenti (ovvero dal 2008 al 2015) questo numero era la metà e comprendeva Kvitova, Bartoli, Stosur, Pennetta, Azarenka, Li Na, Ivanovic e Schiavone.

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