Sul fisco il fronte progressista è sempre in grandissima difficoltà. Non riesce a proporre nessuna nuova idea che non sia quella, ormai anacronistica ai tempi della melonieconomics, della lotta all’evasione fiscale. Gli elettori non la vogliono e di ciò si è fatta interprete la premier Meloni, indicando delle nuove proposte fiscali che sono una sostanziale resa a questa tradizione italica. Come ebbe a dire l’imprenditrice americana Leona Helmsley, “Solo i mediocri pagano le tasse”, con traduzione abbastanza libera; convinzione anche praticata coerentemente che le costò una sostanziosa condanna per evasione fiscale.

Sinistra sempre perdente allora sulle tasse, come un pugile rintronato chiuso nell’angolo? Forse no. A tirar fuori qualcosa di nuovo ci ha pensato il solito Bersani che è rimasto una delle poche voci in campo. Rispondendo ad una domanda sull’esito nullo del recente, e finto, confronto Meloni-sindacati ha ripreso una proposta, allora considerata stravagante, avanzata a suo tempo dai Radicali di Marco Pannella, e vedremo non del tutto nuova anche nel campo conservatore. Bersani rispondendo ad una domanda ha osservato che se fosse stato un sindacalista, visto che la premier non fa nulla per contrastare la gigantesca evasione fiscale degli autonomi, avrebbe proposto per pareggiare il conto di abolire il sostituto d’imposta dei lavoratori dipendenti e pensionati. Per chi non è esperto, il sostituto d’imposta è il soggetto, in genere il datore di lavoro, che ogni mese preleva per legge le tasse e i contributi sociali a nome del lavoratore dipendente o del pensionato. Professionisti e autonomi provvedono da soli al calcolo delle tasse e dei contributi, con ampi margini di manovra come i dati dimostrano da almeno un decennio. Questo meccanismo è stato introdotto con la riforma fiscale del 1973 e può essere benissimo modificato.

Perché Bersani chiede la sua abolizione? In concreto, per rendere la busta paga più pesante. Senza questo prelievo alla fonte, lo stipendio di un lavoratore dipendente o il reddito di un pensionato aumenterebbero del 40-50% immediatamente. Infatti ognuno riceverebbe per intero ogni mese la quota del gettito Irpef e dei contributi sociali ora versati. Si ritroverebbe con un bel gruzzoletto aggiuntivo. Naturalmente l’anno dopo su questo reddito dovrà calcolare le tasse e i contributi, esattamente come fanno ora i lavoratori autonomi e i professionisti. Ma allora si potrà fare, per usare un linguaggio neuro, un po’ di tax planning decidendo quanto pagare allo stato secondo una personale valutazione. Se calcoliamo una probabile diminuzione da reddito non dichiarato del 70%, come è oggi quella di chi non ha il sostituto d’imposta, potremo stimare un mancato gettito per lo stato di 136 miliardi, visto che il gettito dell’Irpef è arrivato nel 2021 a 198 miliardi.

Con Bersani osserviamo che se Meloni è contenta di un’evasione tributaria superiore agli 80 miliardi, sarà ancor più felice quando l’evasione aumenterà di altri 136 miliardi. Se poi ci sarà qualche controllo fiscale, non importa. Si può pagare il dovuto con una piccola ammenda, il fisco dolce del viceministro, oppure si può accampare lo stato di necessità visti i tempi di inflazione dura. Se poi si porrà il problema di come finanziare i servizi pubblici, cioè sanità, istruzione, sicurezza e così via, non c’è problema. Ogni cittadino si pagherà la sua retta di ospedale o la sua retta scolastica, esattamente come un secolo fa o come oggi negli Usa. Se l’elettorato non vuole finanziare lo stato sociale con le tasse, pazienza. Il popolo è sovrano e va seguito, anche quando fa delle scelte palesemente insulse da un punto di vista economico. Con l’abolizione del sostituto d’imposta avremo un nuovo fisco democratico, anche se al ribasso. Poiché è ampiamente verificato che alcune categorie di contribuenti non desiderano pagare le tasse, allora è necessario anche a sinistra passare al piano B, cioè quello di consentire a tutti, anche ai pensionati e lavoratori dipendenti, di ridursele attraverso l’autodichiarazione un po’ manipolata.

Una proposta fiscale dai contorni farseschi allora? Può darsi, ma non tanto. Il fisco alla Bersani è in buona compagnia. Infatti l’ex parlamentare non è arrivato per primo a questa brillante intuizione. L’abolizione del sostituto d’imposta è una delle tante idee messe nero su bianco dalla Lega nella sua recente proposta di riforma fiscale. Nella relazione illustrativa alla sua proposta di legge intitolata Busta paga pesante: abolizione del sostituto d’imposta si legge: “Trattenere in anticipo parte della remunerazione per gli adempimenti fiscali non è accettabile dal punto di vista etico! L’abolizione del sostituto d’imposta concretizzerebbe una riforma di grande portata, non solo dal punto di vista economico-fiscale, ma anche di giustizia sociale”.

Se la sinistra vuole tornare a vincere deve adeguarsi a questo nuovo criterio di giustizia sociale: non più pagare tutti per pagare meno. Ma piuttosto, abolire le trattenute alla fonte per pagare tutti meno. Qualche milione di contribuenti ci sta già riuscendo magnificamente, ora è necessario estendere coerentemente questa possibilità a tutti. Che poi questo punto metta insieme una sinistra verace e il leghismo post-padano è il segno della sua bontà intrinseca. Bersani con il suo gustoso humor fiscale ha dato una sberla salutare alla sinistra; speriamo che adesso il fronte progressista batta un colpo con proposte concrete e popolari, sul fisco come su molto altro.

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