La Russia si impegna a monitorare la stabilità dell’Afghanistan e per questo ad ottobre svolgerà delle “esercitazioni su larga scala” al confine con il paese, in Tagikistan. È stata questa la decisione emersa dalla riunione di Dushanbe – a cui Vladimir Putin ha dovuto partecipare da remoto, a causa dell’autoisolamento Covid – tra gli stati dell‘Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva (Csto). Tramite l’alleanza militare, che comprende alcun delle ex repubbliche sovietiche, Mosca mira a confermare la sua supremazia nell’area asiatica, mediando tra le posizioni contrastanti di Cina e India.

“La situazione lungo quasi tutti i confini dei paesi alleati rimane tesa – ha constatato il Segretario generale dell’Organizzazione Stanislav Zas – In particolare, abbiamo elaborato delle misure pratiche collettive per garantire tutta l’assistenza politica e diplomatica per la sicurezza del Tagikistan in caso di aggravamento della minaccia afghana”. “Abbiamo discusso il rafforzamento della frontiera , con esercitazioni militari speciali – Poisk 2021, Echelon 2021, Vzaimodeystvie 2021 e Kobalt 2021 – tutte con un piano unificato” ha precisato in una nota il portavoce dl Consiglio di sicurezza russo. Le missioni principali saranno il contrasto al traffico di stupefacenti – fiorente nel Paese grazie alle coltivazioni d’oppio – e all’immigrazione, oltre al rafforzamento della cooperazione contro il terrorismo.

All’incontro hanno partecipato i ministri degli Esteri, della Difesa e i segretari dei Consigli di sicurezza di Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, e Tagikistan. Per la Russia, oltre a Putin da remoto, c’erano il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, il ministro della Difesa, Sergei Shoigu e il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev. L’obiettivo di Mosca era arrivare forte del sostegno dei suoi alleati asiatici al summit di oggi dell’Organizzazione di Shangai per la cooperazione, anche per mediare nei primi dissidi tra gli altri membri più ingombranti del vertice, Cina e India. Il pomo della discordia sembra essere proprio l’Afghanistan: Pechino – sostenuta dal Pakistan, Uzbekistan e Kazakhstan – vuole cooperare con il nuovo governo a Kabul. Mentre il premier indiano ultranazionalista e antiarabo Nerendra Modi, insieme al Tagikistan, è contrario e insiste nel chiedere la creazione di un governo inclusivo.

L’Afghanistan – che ha lo status di osservatore esterno a Shangai ma è stato bandito dalla Presidenza di turno del governo tagiko alla conferenza di Dushanbe – potrebbe essere un prezioso partner commerciale: il suo sottosuolo è infatti ricco di minerali poco sfruttati – oro, rame, uranio, talco, litio e terre rare usate nella produzione di semiconduttori. Insieme alla Cina, anche la Russia sta trattando con i Talebani ufficialmente “sulle questioni di sicurezza dei Paesi dell’Asia centrale”. Allo stesso tempo però si mantiene cauta: “È passato troppo poco tempo per trarre conclusioni definitive sull’inclusività del governo talebano e sull’attuazione degli altri impegni presi dal movimento con la comunità internazionale” han spiegato infatti il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov.

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