Era responsabile di innumerevoli attentati tra Mali, Niger e Burkina Faso. L’esercito francese lo ha eliminato in una delle sue ultime operazioni. Si tratta di Adnan Abu Walid al-Sahrawi, leader del gruppo terroristico dello Stato islamico nel Grande Sahara (Sigs). A dare la notizia è stato, mercoledì 15 settembre, lo stesso presidente della Francia Emmanuel Macron tramite un post social. Un’operazione, quella portata a termine dalle forze d’Oltralpe, che assesta un altro duro colpo all’autoproclamato Stato islamico guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, già in difficoltà nella fascia di territori appena a sud del deserto denominata Sahel.

“La nazione pensa questa sera a tutti i suoi eroi morti per la Francia nel Sahel nelle operazioni Serval e Barkhane, alle famiglie in lutto, a tutti i suoi feriti. Il loro sacrificio non è stato vano”. Queste le parole con cui Macron ha annunciato su Twitter l’uccisione di al-Sahrawi, che secondo diversi analisti potrebbe essere avvenuta tra giugno e agosto. “Si tratta di un nuovo grande successo nella lotta contro i gruppi terroristici nella regione”, ha aggiunto il titolare dell’Eliseo. La morte del leader jihadista potrebbe in effetti aver inferto al Sigs un colpo decisivo: da più di un anno la costola dell’Isis sta infatti subendo forti perdite a vantaggio di un movimento rivale, il Gruppo per la Salvaguardia dell’Islam e dei Musulmani (Gsim) che fa parte di al-Qaeda. Senza dimenticare che nell’ambito dell’operazione sono stati neutralizzati anche diversi altri comandanti dell’organizzazione. Sempre su Twitter, la ministra della Difesa francese Florence Parly ha poi fornito informazioni aggiuntive spiegando che il terrorista “è morto in seguito a un attacco delle forze Barkhane“: si tratta di un dispiegamento militare iniziato nel 2014 e ritirato in estate che aveva l’obiettivo di contrastare le insurrezioni jihadiste in Africa centrale.

Al-Sahrawi era nato in Marocco, a El Aaiún, zona contesa del Sahara occidentale, da una ricca famiglia di commercianti fuggita poi in Algeria. Da giovane si era unito al Fronte Polisario e dopo la laurea in Algeria aveva aderito, nel 1998, all’Unione dei Giovani Sahrawi. La sua adesione ad al-Qaeda risale al 2010, quando divenne portavoce di un una fazione del gruppo terroristico attiva nel nel Maghreb islamico. Da lì, il passo che lo portò all’Isis fu breve: dopo un periodo di militanza in un organizzazione maliana chiamata Mujahideen Shura Council a Gao, nel 2015 dichiarò la sua fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi. L’attentato più eclatante che porta la firma di Al-Sahrawi è quello compiuto contro i soldati americani nell’ottobre 2017 nel sud-ovest del Niger: un attacco in cui caddero quattro militari statunitensi e cinque nigerini. Ma le stragi riconducibili allo jihadista sono anche altre: alla fine del 2019, ad esempio, lo Stato islamico nel Grande Sahara effettuò un raid su larga scala contro basi militari in Mali e Niger. E il 9 agosto 2020, sempre in Niger, al-Sahrawi ordinò personalmente l’assassinio di sei cooperanti francesi, della loro guida e dell’autista entrambi nigerini.

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