L’esito delle elezioni politiche francesi di ieri ha colto di sorpresa un po’ tutti. La rassegnazione nei confronti della vittoria annunciata dei lepenisti del Rassemblement National è stato sostituito, nel corso di poche ore e mano a mano che affluivano i risultati, dall’entusiasmo per la sconfitta della destra estrema e per la vittoria del Nuovo Fronte Popolare. Vari sono gli insegnamenti che se ne possono trarre.

Il primo è di carattere fondamentale. Consiste nel fatto che la vittoria della sinistra deriva in modo diretto ed immediato dal contenimento dell’astensionismo. Gli alti tassi di partecipazione alle elezioni francesi si sono presto convertiti nell’ affermazione delle forze di sinistra. In parte questo eccezionale afflusso alle urne è stato determinato dalla comprensibile paura per l’avvento di una forza dichiaratamente razzista, in buona misura fascistoide e comunque legata ai momenti storicamente più bui della storia della Francia, dalla repressione della Comune al governo filonazista di Pétain.

In Italia la resistibile ascesa della signora Meloni non sembra finora trovare anticorpi di comparabile potenza. Un po’ perché le destre italiane sono meno roboanti e più tristemente legate al nostro provincialismo italico. Ma soprattutto perché in Italia è finora mancato quel motore di trasformazione sociale e di proposta alternativa rappresentato in Francia da France Insoumise e dal suo magnifico leader Mélénchon, che ha fatto rivivere in un popolo che viene da una storia gloriosa ma ha vissuto anch’esso negli ultimi tempi immense delusioni e frustrazioni, grandi emozioni e speranze.

Tali emozioni e tali speranze sono state suscitate da un programma di chiara negazione e altrettanto ineluttabile superamento del bieco neoliberismo dei governi emanazione del presidente Macron. Sarebbe oggi folle recedere anche solo in parte da tale programma e occorre invece insistere sulla fine delle privatizzazioni, delle liberalizzazioni, della precarizzazione del lavoro, della distruzione dello Stato sociale, del sostegno osceno e indiscriminato alle rivendicazioni dei super ricchi e della finanza che hanno contraddistinto i pessimi governi esecutori dell’Agenda Macron che hanno scavato un fossato incolmabile tra il popolo francese e il macronismo. Di tale fossato poteva avvantaggiarsi in esclusiva Marine Le Pen e se ciò non è avvenuto lo si deve all’esistenza degli argini poderosi posto da forze come La France Insoumise.

Non deve ingannare il fatto che l’alleanza che fa capo a Macron abbia comunque ottenuto un numero cospicuo di seggi, piazzandosi al secondo posto. Ciò infatti si deve alle desistenze realizzate in gran numero, in omaggio alla politica di coalizione antifascista che conosce vari precedenti nella più recente storia della Francia repubblicana, e soprattutto proprio dai candidati del Nuovo Fronte Popolare.

Si configura ora una situazione indubbiamente difficile e complessa. Ma il Nuovo Fronte Popolare costituisce, come chiarito subito da Mélénchon, il naturale intestatario del diritto di formare un governo e di questo dovrà ovviamente tenere conto lo stesso Macron, che peraltro metterà in atto manovre dilatorie e tentativi di compromettere il profilo programmatico della sinistra, contaminandola in senso negativo con candidature e proposte il più rispondenti possibili ai suoi referenti interni e internazionali.

Qualche parola in più va spesa sui secondi, e in particolare sulla Nato, che si avvia nei prossimi giorni a un vertice importante a casa del suo padrone incontrastato, alla vigilia di un presumibile cambiamento dell’orientamento politico di quest’ultimo, che, colla possibile elezione di Trump si avvierebbe a un ulteriore aggravamento della propria situazione con effetti immediati propri sulla Nato, la cui rovinosa crisi di prospettiva è oggi paradossalmente confermata proprie dalle stolide e sciagurate parole dello stolto Stoltenberg, che continua ad evocare la disastrosa realtà del riarmo e il fantasma catastrofico della guerra, fredda o calda, con Russia, Cina, Iran ed altri ancora. È purtroppo probabile che i sedicenti leader dell’Occidente e quelli europei in particolare, accorrano al capezzale della Nato sofferente per ribadire il loro appoggio fino alla morte (nostra) alle politiche da essa perseguite di destabilizzazione del pianeta e alimentazione dello scontro in nome della difesa degli interessi statunitensi.

Anche su tale piano è importante che la coalizione di sinistra che è risultata vittoriosa alle elezioni francesi si liberi dal giogo atlantista e ponga fine al triste paradosso in forza del quale l’unico leader europeo che ha avuto finora il coraggio di promuovere la pace in Ucraina è stato Viktor Orban. Così come il nuovo governo francese dovrà porre con forza il tema dell’autodeterminazione del popolo palestinese, del ritiro totale è incondizionato delle forze di occupazione israeliana da Cisgiordania e Gaza, e della punizione del governo genocida di Benjamin Netanyahu. In tal modo la sinistra francese vittoriosa si porrà come punto di riferimento anche per le forze, ancora deboli e sparse, che da noi in Italia ambiscono a rappresentare, sui contenuti programmatici accennati, la maggioranza silenziosa e astenuta del popolo.

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