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Contestare Israele è anche generazionale: se i giovani hanno idee chiare, le cose miglioreranno

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di Tito Borsa

Non ci sono parole per descrivere quanto sta accadendo a Gaza da quasi otto mesi. Un disastro criminale a opera di Israele, del suo premier Benjamin Netanyahu e del suo governo che ha causato almeno 35mila morti, tantissimi dei quali bambini. Se di fronte a un tale scempio del diritto internazionale, della umana comprensione e di qualunque legge morale troppo spesso mancano le parole per descrivere il proprio sgomento, è più semplice definire la situazione in casa nostra, dove dal criminale attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, gli intellettualini da salotto hanno indossato l’elmetto tifando come sempre per le guerre che non combatteranno loro.

Al di là di idiozie totali come l’accusa di “antisemitismo” a chiunque sottolinei le responsabilità di Israele nella carneficina che da mesi sta rendendo Gaza un posto incompatibile con la vita umana, come se Israele e popolo ebraico fossero la stessa cosa, è interessante notare come la coscienza politica e sociale che ci fa stare dalla parte delle vittime e non degli aggressori sia una questione anche anagrafica.

Stiamo generalizzando, ovviamente, ma è di buon auspicio per il futuro vedere come chi è nato dopo la caduta del muro di Berlino e dell’Unione Sovietica non sia ubriaco di quell’allucinato e allucinante mito degli Stati Uniti e che inizi a porsi delle domande che riguardano l’autodeterminazione dei popoli e l’anticolonialismo. Solo uno stolto potrebbe ritenere lungimirante l’agire criminale di Israele: se da una parte, per citare Tacito, fanno il deserto e lo chiamano pace, dall’altra fanno un favore ad Hamas perché chi sopravvive a questo sistematico sterminio vorrà sicuramente vendicarsi. Ma, a parte queste considerazioni troppo sofisticate per gli intellettualini con la baionetta, stiamo assistendo anche a un conflitto generazionale, in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

A non prendere una posizione netta contro Israele è Joe Biden, che sarebbe forse più adatto a un geriatrico che alla Casa Bianca. A ritenere giustificata l’azione criminale di Israele sono i soliti soloni che vaneggiano di antisemitismo per mancanza di argomenti. Contro di loro, contro questi fossili politici e ideologici, ci sono centinaia di migliaia di giovani che pensano che non esistano vite che valgono più di altre. Centinaia di migliaia di giovani che non accettano pacificamente il colonialismo statunitense, che non accettano che ci siano carneficine accettabili e carneficine inaccettabili. E non hanno paura di andare contro un sistema di potere che va in direzione opposta.

Il colonialismo, ricordiamocelo sempre, non è solo quello storicamente inteso e, soprattutto, non è un retaggio novecentesco morto e sepolto. È colonialista imporsi, con l’uso della forza o della persuasione, su altri popoli. È colonialista ritenere che certi popoli abbiano meno diritti di altri. È colonialista schierarsi con Israele contro il popolo palestinese che non coincide con Hamas (come Cosa Nostra, ovviamente, non coincide con i siciliani, giusto per fare un banale esempio). Il popolo palestinese da decenni ha meno diritti di tanti altri solo perché ha un vicino di casa molto amico degli Stati Uniti, oltre ad aver avuto negli anni un sistema politico fragile e corrotto.

Di fronte a uno sterminio che lascia sgomenti e di fronte a una comunità internazionale che fatica a prendere una vera posizione, la presenza di una giovane generazione che ha le idee chiare e che non ha paura di esprimerle è una piccola consolazione. Ora la situazione è terrificante ma forse davvero, con il tempo, le cose un giorno miglioreranno.

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