Una confessione totale, drammatica, che ricalca punto per punto l’impianto accusatorio. Alessandro Impagnatiello ha ammesso di aver ucciso Giulia Tramontano, di aver nascosto il cadavere e di averla avvelenata per uccidere il bambino che aveva in grembo. La vittima fu colpita alle spalle come ha rivelato l’imputato in aula nel giorno del suo interrogatorio da parte dell’accusa davanti ai giudici della Corte d’assise di Milano. “Immobile alle sue spalle l’ho colpita al collo” ha detto l’uomo. Prima di rivelare questo particolare, che però era stato già ipotizzato dal medico legale perché la vittima non aveva lesioni da difesa, il 35enne aveva esordito dicendo che avrebbe detto la verità: “La persona che ero in quel periodo non è quella di oggi. Questo processo mi sta aiutando a mettere a posto dei punti che avevo sparsi, dei tasselli confusi. Ora posso parlare della reale verità, oggi sono una persona lucida”.

Il veleno – Impagnatiello è imputato per il femminicidio della fidanzata aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporto di convivenza. La vittima era incinta al settimo mese di gravidanza e la notte del 27 maggio dell’anno scorso, era stata accoltellata. Rispondendo a una domanda precisa, ha ammesso di aver ucciso Giulia e di aver occultato il cadavere. L’uomo tentò anche di dare fuoco al cadavere. “Io a Giulia non ho mai fatto credere di essere pazza. Avevo costruito un castello di bugie in cui io stesso sono annegato”. Tra le ammissioni anche quella del veleno: “Ho somministrato il veleno a Giulia due volte, nella prima parte di maggio, solo in due occasioni a distanza ravvicinata, non è stata una cosa duratura. Le ho messo il veleno nella bocca mentre dormiva, non per recare del danno, del male a Giulia, ma per provocare a Giulia un aborto“.

La confessione – Impagnatiello ha risposto domande della procuratrice aggiunta Letizia Mannella. “Ha ucciso Giulia Tramontano, cagionando l’interruzione della gravidanza?”, domanda la pm. “Sì”, risponde Impagnatiello. All’ex barman dell’Armani cafè, prima di iniziare l’interrogatorio, la giudice Antonella Bertoja, presidente della Corte d’Assise, ha spiegato che poteva rendere dichiarazioni spontanee. Quando la pm gli ha chiesto se confermava quanto dichiarato il’1 giugno 2023 e il 2 giugno 2023, Impagnatiello ha risposto: “No, nel senso che questo processo mette a posto tasselli che fino a poco tempo fa erano sparsi e confusi nella mia testa. Sono qui per esprimere la realtà, oggi sono una persona lucida, più consapevole rispetto a quello che ero il primo giugno” 2023.

Quando la 27enne gli annunciò di essere incinta “per me iniziò una altalena confusionale. Da una parte c’era la gioia per la costruzione di una famiglia con Giulia, dall’altra parte invece motivazioni personali e di coppia che facevano da ostacolo”, dice, anche legate all’attaccamento al proprio lavoro di Impagnatiello. Quando la fidanzata lo avvertì che lo stava raggiungendo all’Armani Café, insieme con l’altra donna per avere chiarimenti, Impagnatiello decise di sottrarsi a quel confronto perché “avevo una certa reputazione e non volevo rischiare l’umiliazione che sul posto di lavoro avrebbe fatto crollare” l’idea che i colleghi “avevano di me”.

La dinamica del femminicidio – Impagnatiello ha ricostruito cosa accadde quella sera dopo il rientro a casa. La fidanzata aveva incontrato l’altra donna con cui aveva parlato a lungo. Giulia mi ignora. Io mi muovo, vado verso la cucina, vedo che c’era questo coltello con cui stava tagliando delle verdure”, mentre era china in soggiorno per prendere un cerotto da un cassetto in basso di un mobile in quanto si era tagliata e “mi metto immobile alle spalle in attesa che si rialzi per tornare in cucina, l’ho colpita all’altezza del collo, ma non so con quanti colpi. Lei prima si è voltata”.

La conferma che la loro relazione era finita e che Giulia Tramontano sarebbe tornata a Napoli, che “io non avrei mai conosciuto quel bambino che di lì a poco sarebbe arrivato, ha distrutto la mia àncora di salvataggio” ha detto l’uomo. Dopo il mancato incontro-confronto con le due donne, Impagnatiello è a casa quando Giulia rientra “in un clima non agitato, ma freddo”. “Parlammo un quarto d’ora, ma c’era ben poco da dire oltre a trovare l’ennesima giustificazione o raccontare false verità”, “un momento” da affrontare “con totale vergogna” per quanto era accaduto “perché Giulia, era il mio futuro e quel bambino era il mio piccolo”.

L’occultamento del cadavere – Dopo l’omicidio, “era come se cercassi di nascondermi e di nascondere tutto ciò che si era manifestato quella sera. Quindi, avvolto completamente da uno strato di insensata follia, di illogica, di pazzia totale, tentai di far sparire letteralmente sparire il corpo di Giulia” ha dichiarato l’imputato. Rispondendo in aula alle domande del pm ha ricostruito i minuti successivi al delitto. “Tentai di dare fuoco al corpo di Giulia – ha spiegato -, utilizzando prodotti infiammabili per fare le pulizie”.

A pranzo dalla madre con il corpo di Giulia in auto – Nella ricostruzione del femminicidio l’imputato ha raccontato di essere andato a casa dalla madre con il corpo di Giulia in auto: “Sono andato a pranzo da mia mamma con l’auto, a bordo c’era il corpo di Giulia”. Raccontato i dettagli dell’omicidio della fidanzata l’ex barman ha risposto “assolutamente no” quando gli è stato chiesto dal pm Alessia Menegazzo se qualcuno lo abbia aiutato ad uccidere la 29enne o a nascondere il cadavere. Impagnatiello ha però ammesso di aver tentato di sviare le indagini: “I messaggi che mandavo a Giulia erano lettere di addio, era quella parte di me che non credeva a ciò che era successo. Una parte di me che contrastava con quella che aveva agito senza controllo quella sera”. Raccontando dei due tentativi di dare fuoco al corpo della fidanzata, Impagnatiello ha detto che voleva “renderla cenere“.

“Non so perché ho ucciso Giulia” – “È una domanda che mi sono fatto miliardi di volte e che non avrà mai una riposta. Non c’è e non ci sarà mai un motivo per giustificare questa violenza, aggressività” ha detto l’uomo rispondendo alle domande sul perché abbia compiuto quel massacro nell’appartamento di Senago (Milano) che solo oggi è stato dissequestrato. Il 5 gennaio del 2023 Giulia Tramontano aveva un appuntamento per interrompere la gravidanza, ma “non volevo che abortisse perché in quel momento il bambino lo volevo” anche perché, ha svelato “non sarei riuscito ad assumermi la responsabilità di un aborto nei confronti di Giulia, della sua famiglia e della mia”. In aula, davanti alla corte d’Assise di Milano, l’imputato racconta la “confusione” rispetto a questa nascita, ma non verso chi definisce l’amore della sua vita.
“Non ho accumulato né rabbia, ne aggressività, né risentimento per Giulia, lei non ha mai stimolato una sensazione di rabbia. Per me era la persona che doveva essere protetta da me, verso Giulia non è mai nato dell’odio, ho provato tutto fuorché odio” aggiunge Impagnatiello che si dice certo che, nonostante la relazione parallela con una collega che pochi giorni dopo il delitto si sarebbe trasferita, “Io e Giulia non ci saremmo mai lasciati. Il 27 mattina (poche ore prima dell’omicidio, ndr) stavamo parlando di passeggini che lei sarebbe andata a vedere, discutevamo sul colore da scegliere”.

La testimonianza – In aula è stato sentito il comandante della squadra omicidi dei carabinieri di Milano, Giulio Buttarelli, che ha illustrato l’esito delle analisi sui telefoni e gli altri dispositivi, come un tablet, di Giulia e Impagnatiello. È emerso che quando già aveva accoltellato la compagna a e si trovava sotto casa dell’altra donna in attesa che tornasse dal lavoro, stesse guardando i risultati delle partite di calcio, in particolare Atalanta-Inter. È stato confermata la ricerca sul web di diverse parole attinenti l’avvelenamento: “Veleno mortale fatto in casa”, “cloroformio”, “ammoniaca feto”, “veleno per topi”. Sono emerse ricerche, già nel dicembre 2022, che confermano come fin da subito, dopo aver scoperto dell’arrivo del bimbo, avesse preparato l’omicidio.

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