di Ilaria Muggianu Scano

La politica sarda entra finalmente nell’adulting. Se ancora è concessa l’obsoleta espressione di nani e ballerine, suscettibile di qualsiasi accusa di bodyshaming, abilismo o sessismo, variamente assortiti, è facile notare che i risultati delle recente tornata elettorale per il rinnovo del governo sardo hanno dato la stura a una svolta antropologica che si appresta a cambiare la fisionomia della classe politica sarda.

Sì, perché il modello Todde non solo è riuscito nell’intento di equilibrare le quote di genere del palazzo regionale, ma ha dato il via a una nuova stagione in cui ad affrontare l’impegno nella cosa pubblica non sono i fenomeni locali, piccoli o grandi, le celebrities autoctone che fino a qualche anno fa approdavano per suggestione del diversivo, più che per un reale interesse al servizio pubblico; o ancora per l’assicurazione di una copertura mediatica in tempi grami.

I vip vergini in campo politico, come in numerosi altri ambiti della società, hanno concorso spesso a creare soltanto disordine e confusione e qualche risentimento tra gli addetti ai lavori. Come avvenne in editoria, con l’avvento di cantanti, influencer di vario cabotaggio, sportivi, attori, guru del make up che le case editrici finivano per cooptare per disperazione, nell’assoluta certezza di numeri copiosi al banchetto del firmacopie, che potessero colmare la latitanza di autori puri, o ancora di modelle e conduttrici che lanciano le proprie linee cosmetiche, andando pericolosamente a sovrapporsi a un segmento che non costituisce un bisogno primario, nella stagione economica italiana più difficile di sempre, così anche in ambiente politico star e starlette locali hanno pian piano lasciato spazio ai tempi di una politica dei professionisti.

Ne è prova evidente il nutrito parterre di candidati per le prossime elezioni amministrative delle principali città sarde, Cagliari e Sassari, nella prima decade di giugno. Su, complessivamente, venti liste presentate a Cagliari e ventiquattro a Sassari, nessuna gloria locale è annoverata nella competizione di giugno: non calciatori, non cantanti etnici, pochi giornalisti e nessuno scrittore di un qualche rilievo oltre il confine locale. Il popolo politico sardo è cresciuto anche in direzione di identità e consapevolezza: l’impulso anti Savoia, l’insofferenza alla sindrome del figlio cadetto, la consapevolezza della precarietà paesaggistica legata alla realtà delle servitù militari, la ribellione all’abuso del suolo sardo nello sfruttamento energetico a totale detrimento dei sardi è lucida percezione di ogni cittadino, prima ancora che della classe politica, il che rende superflua persino la quota indipendentista che insiste a candidarsi più per soddisfazione personale che per reale necessità rappresentativa.

Intanto le prove ufficiali di un impegno all’insegna del riuscito equilibrio di genere in politica, con un’autentica rivoluzione gentile, non solo sono divenute una solenne promessa mantenuta, ma si apprestano a divenire modello virtuoso per il resto dello Stivale, a partire dall’universo culturale. Ilaria Portas, Assessora Regionale alla Cultura e all’Istruzione della Giunta Todde, appena eletta vola al Salone del Libro di Torino per sostenere convintamente il comparto editoriale. E la consigliera Camilla Soru, Presidente della Commissione Cultura, reduce da cinque anni decisamente combattivi e in prima linea alla consiliatura comunale di Cagliari, in un commovente discorso di insediamento tocca i nervi scoperti di una terra che spesso ha smarrito le proprie consapevolezze: “La commissione cultura è quella che parla del nostro futuro perché il sapere e la conoscenza ne sono le basi. Quella che parla della nostra storia, di chi siamo, della nostra identità di popolo, della nostra lingua, e che lavorerà perché tutto questo non sia mai solo nel passato”.

Soru e Portas, due donne autentiche, due figure politiche pure: l’epoca della locuzione di Rino Formica, in Sardegna, è solo un triste ricordo.

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