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Esiste un preciso filo nero che lega economia di guerra, lavoro precario e corruzione

Esiste un preciso filo nero che lega economia di guerra, lavoro precario e corruzione
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Esiste un filo nero preciso tra fenomeni apparentemente disparati e lontani come da un lato la spinta crescente verso la guerra, l’economia di guerra e la militarizzazione della società, dall’altro la corruzione dilagante di un ceto politico in certa misura bipartisan sempre più vorace, spudorato e aggressivo che vorrebbe liquidare tout-court l’indispensabile e doverosa funzione di controllo della magistratura, e dall’altro ancora l’umiliazione del lavoro, che in questa Italietta infame è sempre più sottopagato, precarizzato e massacrato.

Questo filo è costituito dalla pessima qualità della classe dominante italiana, assolutamente priva di una visione complessiva e lungimirante dei reali interessi del Paese. L’aspetto più straziante della situazione è senza dubbio rappresentato dalla classe politica, formata da dilettanti allo sbaraglio, e non mi riferisco solo ai semianalfabeti del clan Meloni e agli avventurieri e affaristi che affollano gli altri partiti di “governo”.

Tutti costoro, proiettati esclusivamente alla tutela del proprio “particulare” e di quello dei potentati economici di cui sono al ben remunerato servizio, perpetuano in modo irreprensibile la continuità colla peggiore tradizione italica e i diritti e interessi del popolo non hanno per loro alcun significato. Lo Stato non viene concepito da costoro come apparato normativo e istituzionale volto a realizzare interessi sociali comuni, ma come risorsa da depredare insieme all’ambiente e da sfruttare insieme alle persone. Le recenti vicende del governatore ligure Toti e della sua corte di intrallazzatori di infinito squallore personale e politico gettano una luce rivelatrice su questo indegno submondo cui abbiamo delegato, volenti o nolenti, il potere di adottare decisioni fondamentali per l’avvenire nostro e dei nostri figli e nipoti.

L’inchiesta sulle malefatte di Toti & C. hanno svelato, grazie alla meritoria iniziativa della Procura di Genova, l’esistenza di un vero e proprio sistema organizzato di compravendita delle decisioni pubbliche che rappresenta di per sé la negazione di ogni democrazia formale o sostanziale.

Un sistema del genere si regge anche sullo sfruttamento del lavoro, umiliato e negato in aperta violazione dell’art. 1 della Costituzione che forma l’architrave della nostra democrazia e colla negazione della sovranità nazionale in materia di politica estera, dato che ai predatori domestici interessa esclusivamente la possibilità di scorrazzare indisturbati nel loro recinto e si sottomettono quindi volentieri alle scelte effettuate dai padroni di oltreoceano, i quali decidono in base ai loro interessi strategici quale debba essere la posizione italiana sulla questione Ucraina, quella palestinese, i rapporti colla Cina e qualsiasi altra problematica di rilievo internazionale.

Mettendo il proprio e i nostri cervelli all’ammasso in quel luogo inquietante e scarsamente razionale che risponde al nome di Nato, Meloni & C. recuperano del resto anche in tal modo il proprio “particulare” soddisfacendo egregiamente gli interessi del complesso militare/industriale colla sua pletora di mangiatoie, che si sta pericolosamente espandendo nell’ambito dell’università e della ricerca, snaturandone le essenziali attività e suscitando la sacrosanta rivolta dei giovani che denunciano le evidenti complicità italiane nel genocidio del popolo palestinese.

Ben si può immaginare che le appassionanti avventure di Toti e dei suoi accoliti tra barche, gamberoni, alcove e mazzette rappresentino solo la cima di un iceberg irrimediabilmente infetto e che moltissimo sia il lavoro di scavo, indagine e raccolta di informazioni da condurre al riguardo, il che spiega l’enorme irritabilità dei politici ancora a piede libero e la spudorata riproposizione delle iniziative di stampo piduista indirizzate a mettere la museruola ai giudici riottosi.

Purtroppo il Partito democratico fa a pieno parte di questo sistema corrotto, sia per oggettive commistioni di metodi e di interessi, sia per l’infinità mediocrità della sua classe politica, ben esemplificata dal cleptomane dei profumi. Né la povera Schlein, cui deve andare tutta la nostra solidarietà, è riuscita a migliorare la situazione nonostante gli impacchi somministrati a più riprese al corpaccio agonizzante del partito in questione. Il Pd si conferma quindi come il maggiore ostacolo a un cambiamento della situazione politica italiana, non costituendo affatto un’alternativa effettiva ed efficace alla destra imperante.

In questa situazione indubbiamente difficile occorre resistere e continuare a muoversi per l’unità delle forze che perseguono l’indispensabile alternativa, inevitabilmente incentrata su di un rapporto diverso col mondo e sull’uscita dall’ipoteca atlantista sul nostro futuro. Occorre al riguardo sottrarsi alla tentazione dell’astensionismo e sostenere le forze che mettono la pace al centro dei loro programmi. Ma occorre anche non smarrire il rapporto profondo esistente tra tale fondamentale tematica e quelle altrettanto importanti della lotta contro la corruzione e per la dignità e i diritti del lavoro, come attestato dalla manifestazione promossa da varie forze politiche e sindacali contro il governo Meloni per il primo giugno.

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