La segretaria del Partito democratico in ogni intervista denuncia la crisi della sanità pubblica e il fatto che milioni di cittadini non possano curarsi per ragioni economiche. La salute da bene pubblico si sta trasformando in un bene privato a pagamento (salato). Per arginare questo fenomeno lei e il Pd hanno presentato un progetto di legge che prevede un corposo finanziamento del sistema sanitario pubblico per arrivare in pochi anni alla soglia del 7,5% del Pil, e quindi a una decente media europea.

Evidentemente Elly Schlein considera la sanità un punto particolarmente critico dell’azione del governo delle destre e su questo tende a concentrare i suoi sforzi. La domanda da porsi è se l’azione del Pd sia credibile ed efficace. Un buon cavallo di battaglia, anche elettorale, insomma. Qui si presentano molti e legittimi dubbi. In primo luogo sul piano squisitamente politico, e in secondo luogo su quello della sua realizzabilità pratica.

Se il Pd volesse risultare minimamente credibile sulla sanità, dovrebbe fare una profonda autocritica. La spesa sanitaria, ma anche quella scolastica, è scivolata in fondo alle medie europee non certo per un cinico destino. Sono stati i governi dal 2008 in poi che a colpi di drastici tagli hanno prodotto la vergognosa situazione attuale, molti dei quali sostenuti o guidati dal Pd. E tra i più ostinati nemici della sanità pubblica possiamo contare proprio il governo Renzi che, per finanziare il suo populismo fiscale, ha ridotto all’osso i servizi pubblici, sanità in primo luogo.

Per una ragione misteriosa, il Pd è stato l’alfiere di una insensata spending review, portando addirittura in parlamento il suo esponente di punta, Carlo Cottarelli. Pare che la segretaria Schlein sia ignara di tutto questo. Come è stato acutamente osservato anche in questo blog, la sanità, come la scuola e altri servizi pubblici, è al collasso non per colpa della destra, ma della cosiddetta sinistra. Fino a che la segreteria del Pd non riconoscerà gli errori del suo partito, la sua azione risulterà opportunistica e puramente di facciata.

Non sono i cacicchi di partito, che esistono ed esisteranno sempre per portare a casa i voti, ma le errate idee di fondo neoliberiste il fattore che zavorra anche il Pd attuale.

Rimane poi il problema cruciale delle coperture. Anche qui nebbia fitta. Si propone di ricorrere alle entrate da crescita economica. In questo caso sfioriamo quasi il paradosso, visto che la crescita previsionale dei prossimi anni sarà quasi zero. Possibile che gli esperti economici del Pd imitino gli schiocchi algoritmi fiscali della destra? Qui Schlein, se avesse un po’ di coraggio, potrebbe calare il suo asso e riguadagnare un po’ della credibilità perduta della sinistra. Esiste un serbatoio finanziario che potrebbe essere ampiamente utilizzato ed è la tassa di successione, evocata a suo tempo timidamente anche da Letta.

L’entrata da tassa di successione ci vede buoni ultimi in Europa. Se guardiamo ai dati Ocse, questa voce garantisce in media circa mezzo punto in percentuale del Pil, circa 8 miliardi di risorse vere e non inventate alle quali abbiamo rinunciato. Il confronto internazionale è desolante e rivela la nostra arretratezza fiscale. In Italia un figlio che riceve in eredità dai genitori una casa paga una aliquota del 4% con una franchigia di un milione di euro, mentre in Francia si oscilla tra il 5 e il 45%, con una franchigia di 100.000 euro. In Germania l’aliquota varia tra il 7 e il 30% e la franchigia non supera i 500mila euro. Dalla tassa di successione l’Italia incassa la miseria di 800 milioni, contro i 7 miliardi della Germania, i 2,7 miliardi della Spagna, oppure i 14 miliardi della Francia.

Queste risorse potrebbero tranquillamente essere destinate alla sanità pubblica per raggiungere la soglia indicata dalla proposta del Pd. Se poi consideriamo che il 50% della ricchezza in Italia è concentrato nel 10% della popolazione, la tassa avrebbe anche il suggello del principio di equità, cosa che non guasta.

Il fronte progressista ora non è competitivo perché ha paura di una parola, le tasse. Finché questa paura non sarà sconfitta, sarà difficile vincere. Di questa sindrome fiscale sembra essere vittima anche Schlein. Il fronte progressista non può trattare gli elettori come schiocchi sprovveduti, come accade a destra con delle promesse fiscali palesemente insostenibili e del tutto irrazionali. Se si vuole difendere lo stato sociale, come è nel Dna della sinistra, bisogna fare proposte serie e credibili per sostenere i beni pubblici.

Comunque, dove la destra governa le tasse aumentano, eccome. Il Sindaco Brugnaro ci ha fatto ritornare al Medioevo con la gabella di 5 euro per entrare a Venezia. Il candidato sindaco delle destre di Firenze ha triplicato, da direttore, il biglietto di ingresso agli Uffizi perché l’arte è solo di chi se la può permettere. E gli esempi potrebbero continuare, con buona pace dei conservatori di sinistra che credono nel mito liberista del movimento no tax, che poi significa che i servizi li devi pagare di tasca tua, ad un prezzo però raddoppiato.

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