La ricerca scientifica non smette di ampliare la conoscenza dell’Alzheimer e di cercare gli strumenti per contrastare la malattia. La patologia è caratterizzata dalla progressiva comparsa di placche di amiloide-beta, grovigli neurofibrillari tau, cicatrici e morte finale delle cellule cerebrali. Su Science Advances è stato pubblicato uno studio da un gruppo di ricercatori guidato dall’Università della California che mostra come sia stato possibile bloccare il deficit di memoria.

In topi usati come modello della malattia di Alzheimer i ricercatori sono riusciti a bloccare il deficit di memoria, grazie a nanoparticelle magnetiche che trasportano ai neuroni piccole proteine in grado di rompere gli accumuli dannosi di proteina tau, che caratterizzano la malattia, e impedire che se ne formino di nuovi. Si apre quindi la strada alla prospettiva di sperimentazioni cliniche anche negli esseri umani, ma dovrà prima di tutto essere stabilita la sicurezza e l’efficacia della terapia per l’uomo.

Molte ricerche suggeriscono che i grovigli di proteina tau, insieme alle placche di proteina beta-amiloide, sono le cause più probabili del danno neuronale che si verifica durante la malattia di Alzheimer e rappresentano, dunque, promettenti bersagli per le eventuali terapie.

I ricercatori guidati da Ke Hou si sono perciò concentrati proprio su questi accumuli dannosi che si formano nel cervello e, per raggiungerli, hanno scelto di utilizzare delle nanoparticelle magnetiche, già messe a punto in studi precedenti, che riescono ad attraversare la barriera emato-encefalica, quella che protegge il cervello dalle sostanze nocive presenti nel sangue, trasportando piccolissime catene di amminoacidi. I topi utilizzati nell’esperimento hanno ricevuto un trattamento della durata di 10 settimane, che si è dimostrato in grado di disgregare i grovigli di proteina tau e impedirne l’ulteriore accumulo.

Gli animali trattati in questo modo sono riusciti ad orientarsi meglio dei loro compagni quando sono stati posizionati all’interno di un labirinto, riuscendo a ricordare i percorsi già provati, e sono anche stati in grado di distinguere più rapidamente gli oggetti familiari da altri che non avevano mai visto prima.

La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più frequente. Circa il 5-6 % delle persone sopra i 65 anni hanno un decadimento cognitivo e su 10 persone che hanno un decadimento mentale circa 6 hanno la patologia. In Italia sono almeno 1 milione le persone affette dalla malattia che causa progressiva perdita di memoria e demenza, privando i pazienti di molti anni di vita produttivi.

Foto di archivio

Lo studio

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