Fuori Stefano Pioli. Dentro un allenatore di seconda fascia, spagnolo, con una cultura e filosofia lontanissima dal nostro calcio, senza grandi risultati in carriera (di cui i migliori alle spalle da un po’), e nemmeno giovane. Il nome di Julen Lopetegui per la panchina rossonera, rilanciato nelle ultime ore da tutti i principali esperti di calciomercato, è un’idea talmente assurda da sembrare un depistaggio. Se non lo è, significa che davvero il Milan di Cardinale (?) è in confusione totale.

È forse il primo caso nella storia in cui ancora non è stato annunciato l’esonero dell’allenatore in carica (perché Pioli fino a prova contraria nutre in cuor suo speranze di conferma), e già la piazza è in subbuglio per il suo ipotetico successore. Le indiscrezioni su Lopetegui (la Gazzetta dello Sport ha parlato addirittura di contratto già pronto) hanno scatenato un’autentica rivolta social, con minacce di disdetta in caso di ingaggio dello spagnolo, e addirittura una petizione che macina migliaia di firme online per scongiurarla, intitolata “Nopetegui”, nome che non lascia scanso agli equivoci. Un paradosso emblematico della situazione in casa milanista.

I rossoneri si trovano a un bivio. Escono dal quinto anno dell’era di Stefano Pioli, il cui bilancio è senza dubbio positivo: il tecnico parmigiano ha conquistato uno scudetto incredibile e riportato la squadra in Europa e stabilmente ad alti livelli in Italia. Le ultime due stagioni però sono state senza successi: non si può dire neanche negative, perché nel 2023 c’è stata una semifinale di Champions, quest’anno un secondo posto in campionato dove la lotta scudetto non è mai entrata nel vivo soprattutto per merito dell’Inter, ingiocabile come lo era stato il Napoli di Spalletti. Sul giudizio però pesano tanto gli strascichi emotivi di alcuni passaggi chiave delle ultime due stagioni: la sconfitta nell’epocale semifinale di Champions con l’Inter, a cui si somma i 6 derby persi consecutivi e l’umiliazione finale di vedersi alzati in faccia lo scudetto. Troppo forse per poter proseguire. Anche perché, in una disamina più tecnica e meno emozionale, bisogna notare pure come questa squadra sia ricaduta troppo spesso negli stessi errori, come la mancanza di equilibrio e una serie ingiustificabile di infortuni muscolari; e pur mantenendosi sempre ad un livello discreto, e riuscendo a risollevarsi dai periodi più difficili (di questo va dato atto a Pioli), abbia complessivamente perso lo smalto dei primi tempi, e toppato sistematicamente i match decisivi, da ultima la sfida di Europa League contro la Roma, che era alla portata e avrebbe potuto dare un senso diverso alla stagione.

Il ciclo di Pioli probabilmente è finito. Ci sta cambiare. Ma dipende per chi. È evidente che mollare un tecnico tutto sommato ancora in sella alla propria squadra ha senso solo nel caso di un upgrade. Il primo nome che viene ovviamente è quello di Antonio Conte, invocato dai tifosi, una garanzia quanto a vittorie (almeno in Italia, in Europa lasciamo perdere), che però non sembra essere gradito alla società per le sue pretese. Se può essere legittima la scelta della dirigenza di puntare per mille ragioni su un profilo diverso, che almeno però sia all’altezza delle ambizioni del Milan. Potrebbe essere un giovane, come sembra stia facendo la Juve con Thiago Motta. O un big della Serie A (l’ideale sarebbe stato Spalletti, quello che più gli si avvicina è Sarri). Andare a pescare un 60enne spagnolo che viene da una risoluzione col Wolverhampton (squadra di seconda/terza fascia inglese), e viene ricordato soprattutto per un’Europa League durante il Covid e un esonero dalla Spagna a due giorni dall’inizio del Mondiale 2018, sarebbe una scelta cervellotica. Un salto nel buio. Poi nel calcio tutto può essere e Lopetegui potrebbe persino diventare l’uomo della provvidenza rossonera. Come dice il proverbio, il Milan sa quel che lascia: cioè Stefano Pioli, un onesto mestierante della panchina, che ha vinto uno scudetto per miracolo che potrebbe anche non ricapitare. Ma non sa quel che trova.

Twitter: @lVendemiale

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