“Perché tornare indietro? Mi sembra una cosa senza senso”. Arriva da Beatrice Vio Grandis, o più semplicemente “Bebe“, questa replica alle parole del neo candidato alle Europee Roberto Vannacci, secondo cui a scuola dovrebbero esserci “classi separate per i disabili” per aiutare “i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo” e “quelli con più difficoltà in modo peculiare”. Al Corriere della Sera Bebe Vio ha smontato le affermazioni di Vannacci con il punto di vista di chi, a 11 anni, è stata colpita da una meningite che ne ha cambiato per sempre la vita.

La pluri campionessa paralimpica ha risposto con gentilezza all’idea di una scuola tutt’altro che inclusiva di Vannacci, facendo capire come il sistema italiano sia attento alla disabilità: “Siamo stati il primo paese al mondo a eliminare le classi separate fra chi ha una condizione di disabilità e chi non la ha, perché tornare indietro? Siamo stati anche i primi a inserire gli insegnanti di sostegno. Sono utili anche a chi non ha disabilità”. Poi ha aggiunto altre parole alla sua tesi, spiegando come l’idea di Vannacci sia sbagliata in tutto e per tutto: “Ognuno ha delle peculiarità diverse. Non si tratta solo di una condizione di disabilità, ma tutto ciò che ci identifica fisicamente e culturalmente come persone. Sarebbe ridicolo suddividerci in categorie visto che ognuno è diverso dall’altro”.

Bebe Vio, che ha delle protesi a braccia e gambe per via della meningite fulminante che l’ha colpita da bambina, al Corriere della Sera ha preferito mettere l’accento sulla sua esperienza e sul senso di comunità che la scuola può creare: “Quando ero all’ospedale avevo le verifiche un po’ prima degli altri e le passavo. Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno. Al liceo ci si aiutava. È anche così che si scopre e attua la solidarietà. Stare insieme a compagne e compagni che avevano qualche condizione di disabilità fin da quando ero piccola mi è servito a crescere e questo vale anche per loro”. Ecco, quindi, come l’altruismo e il sostegno siano qualità da preservare, non da buttar via tramite separazioni: “Se si è insieme, possiamo ognuno essere utile e di aiuto per gli altri. Prima della malattia ero in classe con un compagno in carrozzina e uno con autismo. Facevamo i turni per aiutarlo a fare i compiti, quando occorreva. E nell’intervallo in corridoio si organizzavano gare di velocità in carrozzina. Ecco la società solidale“.

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