Gentile Assessora Alfonsi, cara Sabrina,

Ho letto con grande interesse il suo articolo su Huffington Post nel quale sostiene che la gente di Roma vuole l’inceneritore.

Le confesso che al ballottaggio avrei votato per il sindaco Gualtieri. Lo avrei fatto perché la sua posizione per affrontare il difficile problema rifiuti di Roma mi è parsa sensata: “Un nuovo termovalorizzatore richiede almeno sette anni [cioè non sarà pronto prima del 2028, nda]. Nello stesso tempo è possibile aumentare la differenziata e realizzare la filiera di impianti in linea con gli obiettivi europei che massimizzano il recupero e minimizzano il residuo: Tmb evoluti, impianti di compostaggio e biodigestione per la parte organica, bioraffinerie per ricavare combustibili verdi, sostitutivi dei fossili, dalla plastica non riciclabile e dalla frazione secca. In questo contesto il termovalorizzatore già esistente a San Vittore è sufficiente“.

Mi chiedo: che cosa è cambiato in pochi mesi? La prego, non mi dica che in campagna elettorale non si conosceva la situazione dei rifiuti di Roma, perché c’erano tutti i dati del rapporto Ispra e del piano regionale rifiuti appena approvato nel 2020. Quindi questa posizione è giusta o sbagliata? È lecito cambiare idea, ma negare la realtà è discutibile.

Per dire quanto sopra esposto dal sindaco Gualtieri fosse corretto, le permetto di soffermarsi sull’affermazione “almeno sette anni”, riferita ai tempi di costruzione per il nuovo inceneritore. Infatti, al momento non è stata posta nemmeno la prima pietra di questo impianto. Mi permetto di ricordarLe che la costruzione dell’impianto di Copenaghen, simile per capacità (600mila tonnellate), ha richiesto ben quattro anni (dal 2013 al 2017). Tuttavia, sul sito istituzionale di Roma Capitale possiamo leggere che il cronoprogramma per l’impianto di Roma prevede di terminare il cantiere per il 2026, cioè tra soli due anni.

Sabrina carissima, mi sta dicendo che per caso Roma può realizzare in soli due anni, cioè la metà del tempo, quello che gli efficientissimi danesi hanno realizzato in quattro? Io le vorrei credere, vorrei che con un colpo di bacchetta magica i rifiuti di Roma sparissero, ma capisce che mi risulta difficile.

Ci sono anche due questioni tutt’altro che secondarie. Una è l’impianto di teleriscaldamento. Per l’inceneritore di Copenaghen la sua potenza varia da 157 a 273 MW e in alternativa si produce elettricità (da 0 a 63 MW). Il teleriscaldamento lì è utile perché si tratta di un paese freddo e soprattutto funziona anche da sistema di raffreddamento. L’impianto di Roma avrà una potenza risibile, poco più che simbolica (1 MW), quindi servirà tanta acqua per il raffreddamento. Mi dice con numeri alla mano da dove la vogliamo prendere? Tra l’altro, è proprio la presenza dell’impianto di teleriscaldamento che rende il prezzo delle case maggiore in prossimità dell’impianto di Copenaghen. Ma non essendoci alcun impianto di teleriscaldamento degno di questo nome, è molto semplice prevedere che cosa succederà a chi ha una casa in prossimità di questo impianto. Il suo valore crollerà di decine di migliaia di euro.

Che cosa diciamo a queste persone? Abbiamo pensato forse a opere di compensazione per quella che sarà una “industria insalubre”? Non mi sto inventando nulla, la dichiarazione di “industria insalubre” è proprio uno dei requisiti per partecipare al bando.

Tutt’altro che trascurabile è la questione delle emissioni di CO2. Secondo questo sito, il sindaco Gualtieri ha parlato di un impianto “sperimentale” per “abbattere” le emissioni di CO2 o addirittura “renderle negative”. È consapevole che, come scritto sul bando, la capacità di cattura di questo “impianto sperimentale” sarà di solo 400 tonnellate annue (nel migliore dei casi), meno dello 0.1% di quelle prodotte dall’inceneritore di Roma? Che senso ha spendere decine di milioni di soldi pubblici per catturare appena lo 0.1% delle emissioni?

È consapevole che la cattura della CO2 da inceneritori: 1) non è ancora sufficientemente sviluppata, 2) non è presente in alcuna parte del territorio italiano ed europeo se non in via sperimentale, 3) ha capacità di trattamento estremamente ridotta (lo ribadiamo: 400 tonnellate annue su 600mila prodotte, in un intero anno sarà catturata il 25% di quella prodotta in un solo giorno), e quindi 4) è del tutto inadatta ad affrontare il problema delle emissioni spendendo decine di milioni di soldi pubblici?

Capisco che per il suo ruolo si trova nella scomoda posizione di difendere a ogni costo quanto affermato dal sindaco Gualtieri. Conoscendo bene quella zona le posso dire che il cartello “vendesi” c’era dal 2015 senza che nessuno lo abbia acquistato. Poi è arrivato la giunta Gualtieri che ha offerto oltre 7.5 milioni per un terreno pagato solo circa 400mila euro nel 2003. Lei ci dice che è tutto a posto, io mi permetto di avere dei dubbi finché non sarà discusso nel merito l’esposto della consigliera municipale Carla Canale, e dai consiglieri capitolini Virginia Raggi, Paolo Ferrara, Daniele Diaco, Linda Meleo e Antonio De Santis presso la Corte dei Conti.

In conclusione, cara Sabrina Alfonsi, potrà essere anche vero che al momento “la gente vuole l’inceneritore” (basta che sia lontano dal centro di Roma, aggiungo io). Ma le opinioni delle persone possono repentinamente cambiare quando queste scoprono che quanto raccontato potrebbe contenere errori (ovviamente in buona fede) o omissioni. Quindi, sono sicuro che per fugare ogni dubbio, mi risponderà dettagliatamente su: tempi di costruzione, impianto di teleriscaldamento e cattura CO2, prezzo congruo pagato per il terreno.

Le porgo i miei più cordiali saluti e attendo fiducioso una sua risposta esaustiva.

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