Non cala l’attenzione sull’influenza dove le autorità sanitarie stanno continuando a monitorare la circolazione del virus tra i bovini da latte. Frammenti di virus sono stati rilevati in campioni di latte pastorizzato dove da diverse settimane un ceppo di H5N1 ad alta patogenicità sta contagiando le mucche da latte in diversi stati. La Food and Drug Administration (Fda), che insieme ai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e al Dipartimento dell’Agricoltura, hanno diramato un comunicato. La notizia rimbalza sui media americani, insieme a una precisazione: “Non ci sono rischi per i consumatori“, rassicurano le autorità sanitarie.

Il test Pcr, l’analisi che ha permesso di individuare la presenza virale, cerca tracce di materiale genetico, quindi un risultato positivo non significa che il virus trovato sia vivo e infettivo. “Sulla base delle informazioni disponibili, è probabile che la pastorizzazione inattivi il patogeno, ma non è previsto che elimini la presenza di particelle virali. Ad oggi – puntualizza l’agenzia – non abbiamo osservato nulla che possa cambiare la nostra valutazione secondo cui la fornitura commerciale di latte è sicura”. La settimana scorsa l’Oms aveva espresso preoccupazione per il contagio dei mammiferi. Al momento non è stata rilevata o segnalata una trasmissione umana, ma il contagio dei bovini potrebbe aiutare il virus a contagiare con più facilmente l’uomo. Tra il 2003 e il 1 aprile 2024, l’Oms ha dichiarato di aver registrato un totale di 889 casi umani di influenza aviaria in 23 paesi, inclusi 463 decessi, portando il tasso di mortalità al 52%.

Un risultato positivo all’esame “significa che nel campione è stato rilevato il materiale genetico dell’agente patogeno, ma ciò non significa che il campione contenga un agente patogeno intatto e infettivo. Questo perché i test qPCR rilevano anche il materiale genetico residuo di agenti patogeni uccisi dal calore, come la pastorizzazione o altri trattamenti per la sicurezza alimentare”. Per questo l’Fda sta per condurre ulteriori test, come il tentativo di coltivare in uova i campioni di virus riscontrati, per sciogliere ogni dubbio sull’eventuale presenza di virus vivo. “Riconosciamo l’importanza di rilasciare ulteriori informazioni. I risultati di più studi saranno resi disponibili nei prossimi giorni o settimane”.

Articolo Precedente

Influenza aviaria, il virologo Clementi: “Già un doppio salto di specie. Se si infettano animali d’allevamento per il virus diventa più facile”

next
Articolo Successivo

L’aviaria nei bovini in Usa “circolava da mesi”, il mistero dell’infezione umana e il genoma virale sequenziato

next