Esiste una tendenza a sottolineare troppo poco le difficoltà che una squadra incontra per arrivare alla vittoria. Poi, quando arriva il successo, all’improvviso tutto diventa una “favola“, avvolta dai contorni dell’impresa e del prodigio. No, non è una favola quella dell’Inter scudettata che conquista la seconda stella. Sì, i campioni d’Italia guidati da Simone Inzaghi in panchina e Beppe Marotta in società hanno dovuto superare mille difficoltà. E altrettante le intravedono all’orizzonte. Tutte riconducibili a un comune denominatore: Steven Zhang, diventato il secondo presidente più vincente della storia nerazzurra insieme ad Angelo Moratti, ma oggi più che mai un presidente fantasma. È il tratto distintivo del folle ciclo vincente dell’Inter di Suning: due scudetti, 7 trofei complessivi, due finali europee, tutti avvolti nell’incertezza dei debiti e delle possibili cessioni eccellenti. È una condizione riconducibile all’essenza dell’interismo: non esistono sentimenti definiti, la gioia del trionfo è accompagnata dal timore per il futuro e viceversa le delusioni più cocenti sono portatrici di sogni e speranze.

Gioie e dolori – Lo insegna la storia recente dell’Inter. La goduria infinita del Triplete macchiata dall’addio dell’idolatrato José Mourinho, il condottiero che aveva portato i nerazzurri a toccare il cielo con un dito. Il risveglio dopo il sogno è stato una ripida discesa verso gli inferi, in cui l’Inter è rimasta per oltre un decennio. Fino all’arrivo appunto di Zhang, di Marotta e di Antonio Conte: l’uomo che ha riportato lo scudetto, che ha dimenticato il passato bianconero e vestito di nerazzurro ha interrotto il dominio della Juve. Un’altra apoteosi, un altro addio. L’allenatore che poteva aprire un ciclo se n’è andato perché non riteneva più possibile continuare a vincere all’Inter. Conte aveva intravisto i problemi, i rubinetti chiusi e le partenze dolorose: ha deciso di salutare il popolo nerazzurro ancora in festa per il titolo appena vinto. Gioia e amarezza, godimento e paura. Un’altra volta.

Le difficoltà – Si diceva delle difficoltà, appunto. Fino ad oggi, i fatti avevano dato ragione a Conte, seppur solo parzialmente. Perché la nuova Inter di Simone Inzaghi ha dovuto affrontare di tutto, nonostante la bravura di Marotta abbia mascherato parte dei problemi. La squadra dello scudetto di Conte negli anni è stata depredata: Achraf Hakimi, Romelu Lukaku (partito, tornato e ripartito), Ivan Perisic, Milan Skriniar, Marcelo Brozovic. Chi prima, chi dopo, cinque pilastri di quella formazione hanno salutato l’Inter, sacrificati sull’altare delle necessità economiche. Facendo il ragionamento al contrario, gli unici vincitori di quello scudetto rimasti nell’Inter oggi campione d’Italia sono Bastoni, De Vrij, Darmian, Barella e Lautaro Martinez, a cui vanno aggiunti per dovere di cronaca Sanchez e Sensi. Ma le cessioni, spesso rimpiazzate da sapienti “parametri zero“, raccontano solo parzialmente le difficoltà affrontate dall’Inter. Suning, il colosso cinese che doveva farla esplodere nel calcio europeo, è caduto in disgrazia. Zhang non si fa vedere a Milano da mesi. Per tenere in piedi l’Inter, ha dovuto contrarre il famoso prestito da 275 milioni di euro con Oaktree, ora diventati 385 milioni. Impossibile portare avanti un progetto in queste condizioni, folle pensare di poter vincere.

Delusioni e sogni – Invece l’Inter ha dominato la Serie A e ha vinto. Inzaghi ha smentito le previsioni di Conte. Per farlo è passato attraverso altri 5 trofei (due Coppe Italia e tre Supercoppe), ma soprattutto – inutile nasconderlo – attraverso due delusioni cocenti. La prima, quella che poteva già segnare irrimediabilmente il suo percorso: lo scudetto 2021/22 perso nel testa a testa con il Milan di Stefano Pioli, quello del derby in cui “si è girato Giroud” e dei rossoneri che arrivano a un trionfo inaspettato, pareggiando i 19 scudetti nerazzurri. La seconda delusione è invece quella che paradossalmente ha salvato Inzaghi dall’esonero: la finale di Champions League persa contro il Manchester City, con uno 1 a 0 colmo di rimpianti. In ogni caso, due batoste tremende. Eppure sono diventate linfa per il nuovo sogno da alimentare nonostante la situazione economica fosse tutt’altro che migliorata: quella seconda stella, ora raggiunta spadroneggiando in Serie A.

E ora che succede? – Lo scudetto numero 20 della storia dell’Inter, il nuovo sorpasso sul Milan. Felicità, baldoria, sfottò: la festa per un traguardo storico utile anche a cancellare i pensieri sul domani. Questa volta l’allenatore resta al timone, ma i dubbi sono semmai peggiori perché riguardano la proprietà: Zhang probabilmente rimarrà il presidente, contraendo un nuovo prestito monstre da 400 milioni di euro. La certezza arriverà solo il prossimo 20 maggio, il giorno della scadenza dell’altro prestito con Oaktree. Con Zhang rimarranno anche le solite incognite: sarà un mercato al ribasso? Lo stadio si farà? Qualche campione partirà? E allora i tifosi nerazzurri festeggiano, pur aspettandosi un’altra estate di calciomercato con i denti stretti. Sventolano bandiere sperando che alla fine Lautaro firmi il suo benedetto rinnovo. Suonano clacson pensando a chi potrebbe essere sacrificato questa volta e a quale parametro zero potrà sostituirlo. Perché quella dell’Inter non è una favola e prima o poi arriva sempre la dura realtà. Nessuno lo sa meglio dei tifosi nerazzurri: ora possono godere per la seconda stella e intanto sperare che la storia, per una volta, non si ripeta.

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Scudetto Inter | Il dominio nerazzurro è il paradosso finale della Serie A: i campioni d’Italia sono una squadra senza un padrone

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Non è più “solo” bel gioco: perché lo scudetto dell’Inter è la consacrazione di Simone Inzaghi

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