La Lucania esiste quando ci sono le elezioni. Il favorito della prossima tornata elettorale di domenica 21 e lunedì 22 aprile pare sia il presidente uscente della Regione Basilicata Vito Bardi, generale (in pensione) della Guardia di Finanza e sostenuto in modo compatto dal centrodestra più Azione e Italia Viva, che supporta i candidati della lista Orgoglio Lucano. La ‘discesa in campo’ del generale delle Fiamme Gialle fu imposta nel 2019 direttamente da Silvio Berlusconi, si parlò di una intuizione politica o forse di un debito di riconoscenza. Sta di fatto che pochi si sono accorti dei cinque anni di Bardi governatore della Basilicata.

L’altro schieramento ha trovato pace sul nome di Piero Marrese (centrosinistra e M5s) dopo l’avvio a dir poco imbarazzante con l’autocandidatura di Angelo Chiorazzo, a capo di un suo movimento civico – Basilicata Casa Comune – e fondatore della cooperativa Auxilium che usufruisce di erogazioni pubbliche con strutture disseminate sul territorio per servizi sanitari, socio assistenziali, sociali ed educativi. Dopo il niet del Movimento 5 Stelle e la messa in crisi del ‘campo largo’, il Pd è corso – per così dire – ai ripari, candidando a sua insaputa il medico Domenico Lacerenza, primario del reparto di Oculistica dell’ospedale San Carlo di Potenza, che però subito ha mollato.

La grancassa suona forte, anzi fortissima. A muoversi è Giorgia Meloni che il 16 marzo si presenta a Potenza nell’aula Quadrifoglio dell’Università degli Studi della Basilicata e firma l’accordo per lo sviluppo e la coesione, mettendo sul piatto, a comizi convocati (lo stanziamento era già pronto ad agosto) quasi un miliardo di euro sotto lo sguardo gongolante di Bardi, che nel frattempo ha annunciato un bonus acqua in bolletta per i residenti, finanziato dalle royalties, e il rinnovo delle concessioni per le estrazioni del petrolio per altri quattro anni – e in prospettiva fino al 2068 – deliberato il 5 aprile dalla Regione – alla faccia delle battaglie ambientaliste e civiche contro l’inquinamento e lo sfruttamento delle multinazionali del territorio lucano portate avanti e in solitudine da comitati, associazioni e dallo scrittore-attivista Giorgio Santoriello.

Oltre alla premier sono tanti i ministri come Maria Elisabetta Alberti Casellati (eletta a sua insaputa in un collegio sicuro in Basilicata) e personalità come il senatore di Arzano Francesco Silvestro, presidente della commissione bicamerale Affari regionali, sotto processo per concussione e vicinanza a un boss, ad accompagnare nei giri elettorali il generale in pensione. Non trovano imbarazzo neppure quando a bordo delle loro auto di Stato devono attraversare le sgangherate strade della Lucania.

Prendi proprio la città di Potenza, capoluogo di regione, ben incastonata tra le montagne dell’entroterra. Raggiungerla appare un’impresa. Dall’autostrada A2 del Mediterraneo (la vecchia A3 Salerno-Reggio Calabria) ci si immette nel raccordo autostradale Sicignano-Potenza, poco più di 50 chilometri di gimkana tra cantieri, deviazioni e piloni di viadotti sotto osservazione, primo tra tutti il ponte Morandi, gemello dell’altro ‘Morandi’ di Genova crollato il 14 agosto 2018. I dirigenti Anas hanno ribadito di recente davanti ai giudici che i controlli sul viadotto lucano di Carpineto sono stati sempre effettuati, ma il passaggio sotto le contestate ‘antenne’ mette sempre un poco di ansia, specie perché lo si percorre a doppio senso, nemmeno fosse l’ultima mulattiera della regione più dimenticata d’Italia.

Colpa dei lavori (eterni!) o merito dei lavori, secondo altri, che in campagna elettorale snocciolano cifre: 260 milioni di euro di interventi. A proposito il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, quello del ponte dello stretto di Messina appena bocciato dal suo collega di Governo, invece di vivere un certo disagio – o meglio vergogna – ha trovato il tempo di inviare una letterina ai lucani, stile Berlusconi, dove annuncia “Lavoro, sviluppo, futuro. Avanti Basilicata” e dove promette tra gli obiettivi “più infrastrutture, investendo miliardi di euro per strade, autostrade e ferrovie, così da connettere la Basilicata al resto d’Italia”.

Vabbè, il ‘Salvini politico’ ormai è carta conosciuta. Comunque giunti finalmente alle porte di Potenza, la sorpresa (amara) è al distributore di benzina: la verde viaggia oltre 2.140 euro al litro e anche il gas non scherza: oltre 73 centesimi al litro, contro i 65 di media. Eppure la Basilicata è la regione più trivellata d’Italia nell’indifferenza generale degli stessi lucani, abbagliati anni fa dalla card benzina che distribuiva qualche spicciolo alle famiglie lucane, a fronte delle royalties ridicole riscosse, per invogliarle ad abbandonare ancora di più il loro territorio, uno con i maggiori tassi di spopolamento di tutto il Paese.

C’è chi ironizza sulla Madonna di Viggiano, nera anche lei (come il petrolio), ma venerata molto prima dell’oro nero in barile. Se le vie di comunicazione terrestri appaiono alquanto discutibili, inutile sperare in un aeroporto (inesistente). E di questo disastro è a conoscenza lo stesso Bardi che, il 17 aprile a Policoro, nel corso di un discorso, ha detto: “Abbiamo pensato – in attesa delle infrastrutture, ché occorrono 20 anni per strade e ferrovie – che dobbiamo creare un sistema di collegamento più snello: si è pensato di fare dieci basi di elicotteri di nuova generazione che possono servire per gli spostamenti delle persone, per la sanità, per la protezione civile, per il turismo anche con l’intervento della Regione”.

Non è Cetto La Qualunque, c’è il filmato, ha detto proprio così. Immaginatevi i lucani in attesa alla fermata dell’elicottero per raggiungere casa. Per non parlare delle ferrovie. Potenza Inferiore somiglia molto di più all’ultima stazione di provincia che non al nodo di un capoluogo di regione. Se poi si apre il capitolo ‘metropolitana’ servita dalle Fal (Ferrovie Appulo Lucane) ci si imbatte in un’atmosfera quasi vintage: il binario è unico. Occorre aspettare circa 50 minuti per percorrere un tratto di soli 10 minuti per spostarsi da Potenza Inferiore a Macchia Romana, sede dell’Università e dell’ospedale San Carlo, il più grande della regione e uno dei pochi a funzionare, vista la progressiva riduzione di reparti e personale in altre strutture pubbliche a beneficio di scintillanti cliniche private.

A proposito, Carlo Calenda, intervenuto nel dibattito sui ‘cacicchi’ e ‘capibastone’, ha detto che nel suo partito Azione non ci sono e non ci saranno. Insomma, quel Marcello Pittella, ex governatore e fratello del primo cittadino di Lauria con tante cliniche private in famiglia che si aggira per la Basilicata e candidato proprio con Calenda è un sosia dell’altro Marcello Pittella? Mah!

Benvenuti al Sud! Forse è proprio vero come dicono: se in Campania c’è la camorra, in Calabria c’è la ‘ndrangheta, in Puglia c’è la Sacra Corona Unita, ecco: in Basilicata c’è la politica.

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