Nei giorni febbrili dell’attesa della nomina del nuovo arcivescovo in sostituzione del cardinale Giuseppe Betori, 77 anni, dimissionario per raggiunti limiti di età, a Firenze è sfuggito un incontro che molto racconta del suo sostituto Gherardo Gambelli, 55 anni il prossimo 23 giugno, nominato giovedi scorso da Papa Francesco a capo della diocesi fiorentina. L’incontro è avvenuto il 21 marzo scorso all’Isolotto, il quartiere dove nel 1968 scoppiò il primo caso di contestazione ecclesiastica ad opera di don Enzo Mazzi.

Lì, al teatro la Fiaba, a due passi dalle baracche dove ancora opera la comunità di Mazzi, si è tenuta una serata in ricordo del cardinale Silvano Piovanelli nel centenario della nascita (è nato infatti nel 1924 in Mugello, la terra di don Lorenzo Milani, suo compagno di seminario). Presenti tutti i fedelissimi di Piovanelli, arcivescovo di Firenze dal 1983 al 2001: dall’ex sindaco Mario Primicerio a don Andrea Bigalli, referente regionale di Libera, l’associazione antimafia di don Luigi Ciotti. Qua e là qualche critica per il silenzio della Curia di Betori sul centenario del vescovo più amato dal progressismo cattolico fiorentino. In platea, sorpresa, visto e non visto, don Gambelli, parroco della parrocchia della Madonna della Tosse e cappellano del carcere di Solliciano. Un omaggio discreto al suo “maestro” (lo ha ordinato prete nel 1996) ed ex parroco.

Gambelli viene infatti da Castelfiorentino, stessa parrocchia guidata da Piovanelli fino a quando nel 1979 è stato nominato vicario vescovile di Firenze. Probabilmente il 21 marzo scorso Gambelli, missionario nel Ciad dal 2011 al 2022, era già a conoscenza delle intenzioni del Papa di nominarlo arcivescovo di Firenze. “Penso che possiate facilmente immaginare lo ‘tsunami’ di sentimenti, emozioni, pensieri che si muovono nel mio cuore dal giorno in cui il Nunzio mi ha manifestato la volontà di Papa Francesco di nominarmi Arcivescovo di Firenze”, ha raccontato don Gambelli il giorno della nomina. Dopodiché il Nunzio lo ha invitato a scrivere una lettera di accettazione al Papa.

Sono passati giorni, in cui sono circolati altri possibili candidati, tra i quali, molto quotato, il sottosegretario della Cei don Giacomo Bulgarelli, già preside della facoltà teologica dell’Emilia Romagna . Poi il Papa in persona, nella terna di nomi presentatagli, ha scelto il missionario fiorentino. E si capisce perché. È quello più in linea con il suo radicalismo religioso e sociale. Infatti combina insieme una forte spiritualità (crede ad esempio agli angeli custodi e nella sua parrocchia ha ripristinato l’adorazione notturna del Santissimo) ad una profonda impronta sociale. Come Bergoglio e come Piovanelli. Nel suo discorso in Duomo nel giorno della nomina ad arcivescovo, don Gambelli ha ricordato soprattutto gli ultimi, gli “scarti” della società, a cominciare dai detenuti: “Anche se non potrò continuare a visitarvi regolarmente, non dimenticherò le parole della Scrittura che dice: “Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere”. Con l’aiuto del Signore, mi impegnerò come Vescovo a essere attento alle vostre necessità, come a quelle di tanti fratelli e sorelle spesso dimenticati e scartati dalla nostra società”.

Scarti e scartati, poi la pace, nella tradizione della Firenze di La Pira, don Milani e padre Ernesto Balducci, ecco i temi che stanno più a cuore dall’ex missionario del Ciad: “Davanti alla minaccia dell’espansione delle guerre nel mondo, ci sentiamo più che mai interpellati alla responsabilità di lavorare con più coraggio e tenacia per la pace, che si costruisce in maniera artigianale, nell’attenzione ai gesti quotidiani di perdono e riconciliazione”. Gesti “artigianali” probabilmente come quello di molti preti e cattolici fiorentini, oggi entusiasti della nomina di Gambelli, che nel febbraio 2022 criticarono la presenza al Forum fiorentino dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. Presenza che indusse Papa Francesco a non partecipare al Forum.

Tre mesi dopo, nell’incontro tra il papa e i vescovi, Bergoglio spiegò, come ha riferito il sito cattolico Silere non possum, di non essere andato a Firenze per ragioni di salute e per la presenza dell’ex ministro Marco Minniti, dirigente della Leonardo, azienda costruttrice di armi. Betori gli replica stizzito: “Padre Santo Lei è stato informato male”. Il Papa ribatte: “No, no, tu puoi continuare a dire quello che vuoi, a me hanno detto che c’erano questi signori e ho visto i video di questi invitati, c’era anche Minniti e ho visto anche i campi di concentramento in Libia dove tenevano questa gente che loro hanno respinto”.

Due anni prima, nel 2020, sulla rivista Missione Oggi il missionario don Gambelli scrive, a proposito del dramma di tanti giovani ciadiani che, dopo enormi sacrifici negli studi, non riescono a trovare lavoro nel loro Paese: “Tutto ciò a causa di politiche miopi dello Stato, con la complicità delle potenze occidentali, la cui unica preoccupazione sembra quella di far guerra ai terroristi per arginare i flussi migratori verso l’Europa”. Parole in sintonia con le denunce di Papa Francesco.

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