“Non parliamo troppo di memoria perché della mia non sono più sicura”, scherza Estela De Carlotto arrivando all’incontro con i giornalisti. La presidente dell’associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo, l’ong nata nel 1977 per trovare e restituire alle famiglie i bambini sequestrati dall’esercito durante la dittatura militare del 1976-1983, ha passato alcuni giorni nella Capitale su invito dell’Università di Roma Tre, che mercoledì l’ha insignita di una laurea honoris causa. Eppure, questa signora elegante e posata ricorda tutto: le parole esatte della telefonata che ricevette dieci anni fa che confermava che Guido, vissuto fino al 2014 con il nome di Ignacio Hurban, era in realtà suo nipote. Il 114o figlio “ritrovato” dalle abuelas.

Estela Carlotto i media italiani si occupano poco di Argentina, cosa sta succedendo nel Paese?
L’Argentina sta attraversando un brutto momento, politicamente, socialmente ed economicamente. Viviamo in un Paese ricco e fertile, dove pianti un seme e cresce da solo, ma ci manca una direzione chiara, perché è così che si migliora. Tutti devono avere il diritto a mangiare, a una casa e a un lavoro e questi diritti invece si stanno perdendo. La situazione del lavoro è particolarmente tragica. Stanno cacciando le persone dai ministeri, le lasciano per strada dal giorno alla notte. È lo Stato che agisce contro la società. Certo, il presidente Javier Milei è stato eletto dal popolo, quindi è chiaro che dobbiamo rispettarlo in quanto tale. Però deve rispettare anche lui noi, perché è ingiusto licenziare una persona che ha famiglia licenziata di colpo per una decisione presa dall’alto. Non è facile criticare il governo, proprio perché è stato votato dalla gente. Il popolo è sovrano e Milei deve essere presidente. Speriamo che a poco a poco cambi atteggiamento. Se non lo farà, beh, vedremo cosa faranno la giustizia e cosa farà il Parlamento.

Milei all’estero è stato descritto come un nuovo Trump, una meteora populista che ha rotto il classico dualismo politico argentino tra peronisti e macristi. Lei come vede questo presidente? Di recente, è stata denunciata da un pm argentino di Mar del Plata per aver detto durante un comizio che sperava che “la gente facesse qualcosa” per cacciare il presidente.
Non è andata come l’hanno raccontata. Eravamo in un anniversario del 24 marzo (giorno del colpo di Stato di Videla del 1976, oggi Giorno della memoria per la verità e la giustizia, ndr), in cui tutta la società va a Plaza de Mayo (la famosa piazza di fronte al Palazzo del Governo ritrovo storico delle manifestazioni dei parenti dei desaparecidos, ndr), i giornalisti sono venuti da me per farmi domande. Non ho mai detto che dobbiamo cacciare Milei, perché se è stato eletto deve rimanere in carica. Dico soltanto che il suo governo, come ogni governo, deve fare ciò che promette. Milei ha promesso un sacco di cose, un giornalista mi ha chiesto ‘E se non lo fa?’ e io ho risposto che se non manteneva le promesse allora avrebbe dovuto andarsene. Ma non ho mai voluto inneggiare a una rimozione violenta di un governo in carica.

Quando Milei ha vinto le elezioni, ricordo che a casa le mie figlie piangevano, io invece pensavo soltanto: ‘Domani lo chiamerò e gli chiederò un incontro’. Non ci siamo ancora visti. Certo, penso che il suo governo sia molto dispersivo e molto diverso da quello precedente, ma questo è poco interessante, finché Milei dimostrerà di pensare al popolo. Ripeto, speriamo che cambi atteggiamento e rispetti i diritti della popolazione che lo ha votato.

Ma allo stesso tempo Milei nega il numero ufficiale dei desaparecidos (30 mila, sostiene siano poco più di 8 mila), parla di “eccessi di polizia” e di “guerra civile”, quando parla della dittatura, invece che di torture e violazioni sistematiche dei diritti umani. Lui e alcuni esponenti del suo partito o del governo che lo sostiene sono stati definiti negazionisti. Ha cancellato il programma televisivo tenuto dalle Madres de plaza de Mayo dalla tv pubblica. Con l’associazione delle abuelas e con la vostra campagna di ricerca dei figli rubati dall’esercito durante la dittatura come si sta comportando?
Non ci attacca in modo così diretto. Io dirigo un’istituzione, e stiamo incontrando delle verità sul passato e devo notare che la vicepresidente Victoria Villarruel è molto vicina alle forze armate, quindi è vero che dobbiamo stare attenti a vedere cosa fanno. Per il momento abbiamo avviato i rapporti con i nuovi responsabili dei dipartimenti che hanno a che vedere con i diritti umani e abbiamo trovato persone molto corrette. Ci hanno confermato i finanziamenti per l’associazione, che sono abbastanza alti perché abbiamo molte filiali nel Paese e gestiamo vari servizi, dalla Banca di attestazione genetica all’assistenza psicologica, con più di 90 dipendenti. Ora stiamo passando il testimone ai nipoti, perché noi abuelas ci siamo fatte anziane.

Durante la sua visita ha incontrato papà Francesco, cosa le ha detto? Avete parlato di Argentina?
L’ho incontrato come un fratello. Quando lui era a Buenos Aires non avevamo rapporti, ma giovedì abbiamo parlato per un’ora circa, come due argentini. L’incontro è andato molto bene. Io non lo vedo come il papa, lo vedo come un argentino coraggioso che sta facendo tanto per il mondo. Gli ho chiesto che venga in Argentina, che torni nel suo Paese. So che ci sta pensando.

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