Pum, pof, pam, “out”. Con le teste degli spettatori che si muovono all’unisono da una parte all’altra, in religioso silenzio. Nell’immaginario collettivo, almeno fino a poco tempo fa, questo era lo scenario tipo di una partita di tennis. Pubblico composto e quieto, atmosfera ovattata. La realtà è ormai ben diversa: al netto dei chiassosi e disordinati spettatori che da sempre popolano gli Us Open di New York, il calore del tifo è sbarcato nel tennis man mano che questo sport ha conosciuto una nuova popolarità a livello mondiale. E ora questa trasformazione sta subendo un’accelerazione anche per quanto riguarda la passione degli italiani. Il primo assaggio si è avuto alle Atp Finals di Torino, con quel “olè, olè, olè olè, Sinner, Sinner” diventato colonna sonora della manifestazione alla stregua del “po po po po” del Mondiale 2006. Un’altra prova è arrivata all’ultimo Masters 1000 di Montecarlo, dove i due match serali Musetti-Fils e poi SonegoHumbert si sono trasformati in due derby Italia-Francia, con tifo da stadio in stile Coppa Davis di una volta. Già, perché come ricorda Paolo Bertolucci, che ha vinto la prima insalatiera italiana nel 1976, “il pubblico allora era bello caldo quando si giocava in Davis”. In molti puristi lo dimenticano mentre ora storcono il naso, parlando di “deriva calcistica” del tennis: “Oggi questo sport è esploso nel mondo. Da noi era rimasto un po’ indietro perché mancava il campione assoluto. Adesso che c’è il campione, Jannik Sinner, e dietro di lui ci sono tanti giovani e tanti giocatori di livello, naturalmente si avvicina anche un pubblico che non è quello abituale del tennis, ma è bello“, sottolinea Bertolucci. E, aggiunge, “se c’è da pagare qualcosa in termini di confusione, lo si paga volentieri”.

Lei, facendo la telecronaca su Sky, ha commentato in diretta l’errore arbitrale che ha indirizzato la sfida tra Sinner e Tsitsipas (semifinale di Montecarlo). Nelle polemiche scatenate da questo episodio qualche purista della racchetta ci ha visto una degenerazione in stile calcio. Qual è la sua opinione?
Per fortuna il tennis al 99,9% è esente da queste polemiche, dal var, dagli arbitri e da tutte queste discussioni. Purtroppo l’errore c’è stato, per una concausa di fattori che secondo me accadono, non so, una volta ogni 10 anni. Adesso poi c’è l’occhio di falco, per cui in pratica l’arbitro è diventato un semplice ragioniere. Dal prossimo anno sarà obbligatorio anche sui campi in terra battuta. Non ci saranno più queste polemiche. I tifosi di calcio sono più abituati, diciamo così, a vedere l’arbitro come il capro espiatorio dei propri insuccessi, delle proprie sconfitte o delle mancate vittorie. Il tennis non è così, assolutamente. I giocatori sanno benissimo che queste cose accadono raramente, ma quando accadono non puoi farci nulla.

Quindi è eccessivo dire che la partita di Sinner è stata indirizzata da un errore arbitrale?
No. La giudice di sedia (Aurelie Tourte, ndr) è una delle migliori al mondo: ha arbitrato le Finals a Torino, ha arbitrato la finale in Australia. Però ha preso un abbaglio, una roba inspiegabile: credo che quando ha rivisto le immagini, perché sicuramente le avrà riviste, si è sentita male lei per prima. E il primo ad averci rimesso tantissimo è proprio Sinner. Ci ha rimesso economicamente, ci ha rimesso come immagine, ci ha rimesso come possibilità di vincere il torneo di Montecarlo che era molto alta. Però giustamente ha detto “io non faccio l’arbitro, io faccio il giocatore”. Era un punto importantissimo, perché sarebbe andato 4 a 1 doppio break. Questo non voleva dire vittoria sicura, ma insomma, probabilmente sicura.

Il torneo di Montecarlo è stato caratterizzato anche da un tifo quasi calcistico sugli spalti. Come vede questo cambiamento?
Dovranno abituarsi gli stessi giocatori: se giochi in un campo con 50 persone c’è il silenzio come in chiesa. Se lo stadio ne tiene 18mila, è normale che c’è gente che si muove, qualcuno che parla, qualcuno che applaude, qualcuno che urla. E anche il giocatore deve da questo punto di vista riuscire a isolarsi, a vivere in una bolla e a essere superiore. È il prezzo che paghi, visto che incassi anche tanti soldi, dall’avere 18mila persone che ti guardano. I giocatori lo sanno, è così. A Montecarlo c’erano, credo, il 40% di spettatori italiani e un altro 40% di francesi. E anche questo è abbastanza normale.

Si può dire allora che gli spettatori italiani stanno riscoprendo il tifo sugli spalti nel tennis?
Il tennis è cambiato: prima c’era meno pubblico e più silenzioso. Era uno sport riservato solo agli appassionati, era proprio uno sport di nicchia. Oggi invece è esploso nel mondo. New York è un inferno, anche in Australia c’è grande tifo, grande confusione. È rimasto forse solo Wimbledon, da questo punto di vista, a difendere il silenzio tennistico. Da noi il tennis era rimasto un po’ indietro perché, come detto, mancava il campione assoluto alla Sinner. Però ricordo che anche ai miei tempi c’era sicuramente un tifo molto caldo, molto acceso. D’altronde l’italiano è così.

Già nella prima epoca d’oro del tennis italiano, quindi, c’era un tifo passionale, soprattutto in Davis e al Foro Italico.
Mamma mia Roma. A Roma i nostri colleghi non volevano giocare contro gli italiani. Allora poi veramente c’era silenzio da tutte le parti, non erano abituati. A Roma tutto il tifo contro lo soffrivano, lo pativano molto. E il pubblico era bello caldo quando si giocava in Davis. Non solo in Italia: ricordo Romania, Cecoslovacchia, per fare degli esempi. Ai tempi nostri ti rubavano anche le mutande nello spogliatoio quando giocavi in Coppa Davis: era già un ambiente molto elettrico, sicuramente.

A maggio ci saranno gli Internazionali di Roma. Si aspetta un’atmosfera rovente?
A Roma è ovvio che sugli spalti ci saranno al 90% italiani. Il fatto è che poi il tennis è diventato famoso, Sinner famosissimo. Insomma, noi lo sappiamo: l’unica volta che gli italiani prendono la bandiera in mano è quando ci sono gli Europei o i Mondiali di calcio. Diciamo Europei, visto che i Mondiali non li giochiamo più. Molti ora cominciano a essere incuriositi da Sinner. Naturalmente si avvicina anche un pubblico che non è quello abituale del tennis, ma è bello. Anche i cori prendono: quando hai un giocatore tuo, è bello anche che parta il coro. Gli italiani possono farlo un po’ di più, probabilmente siamo più caldi. Ma ripeto, sono cose che accadono anche da altre parti.

A proposito di neo-appassionati del tennis. Come si fa a spiegare che Sinner continuerà a perdere delle partite ogni tanto?
È dura, è dura, ma bisogna provarci. Come perde la loro squadra del cuore di basket o di calcio. Come perde Bagnaia. Io non mai visto nessuno imbattibile: c’è quello più forte, il numero uno, e per quello c’è una classifica. In più, il tennis è uno sport singolo che si gioca 11 mesi all’anno: nessun giocatore può essere in forma per tutta la stagione. Se adesso i giocatori che abbiamo visto a Montecarlo fossero al 100% vorrebbe dire che hanno sbagliato la preparazione, perché la preparazione ti deve portare al top per il Roland Garros. Tanto è vero che Sinner adesso si ferma. Fa riposo e poi fa dieci giorni di carico perché deve mettere benzina. Andrà a Madrid ma giocherà – come ha già dichiarato – per riprendere ritmo gara ed essere pronto per Roma e Parigi.

Teme che la pressione crescente su Sinner, soprattutto a Roma, possa in qualche modo farsi sentire?
L’anno scorso l’ha sentita sicuramente: troppe aspettative (Sinner uscì agli ottavi, ndr). Però è talmente cresciuto in questo anno: ha altre spalle, un’altra personalità, un’altra convinzione, un’altra qualità sia fisica che di gioco. Sono sicuro che quest’anno disputerà un altro torneo, tenendo presente che la sua superficie preferita è indoor. Poi c’è il cemento e l’erba. Cioè: se Sinner dovesse giocare il match della vita non lo giocherebbe mai sulla terra rossa. Però, si è visto anche a Montecarlo che se la gioca eccome con i migliori. Praticamente stava vincendo contro il miglior Tsitsipas degli ultimi due anni. Allora se tanto mi dà tanto il problema ce l’avranno comunque gli altri, non Sinner.

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