Il governo Meloni non può contare su un aumento del deficit per finanziare la prossima legge di Bilancio. L’altolà arriva dal Fondo monetario internazionale, che martedì aveva diffuso stime peggiorative sulla crescita italiana. Oggi nel suo Fiscal monitor prevede un aumento del debito/pil molto superiore a quanto previsto nel Documento di economia a finanza e prescrive quindi all’Italia “ulteriori sforzi di bilancio nei prossimi due anni”.

La traiettoria del debito nel 2023 è migliorata complice l’inflazione e un aumento del pil superiore al previsto, ma nel 2024 è tornata a salire e continuerà a farlo. “Negli anni recenti l’Italia è cresciuta, ma andando avanti la dinamica non è favorevole: la crescita è prevista frenare e i costi di finanziamento del debito saliranno” avverte Vitor Gaspar, direttore del dipartimento Affari fiscali del Fondo monetario internazionale. “Ci sono pressioni per la spesa. La nostra raccomandazione è che sarebbe importante un credibile aggiustamento di bilancio per mettere il debito su una traiettoria di calo sostenibile”.

Il Fondo stima infatti che quest’anno il debito salirà dal 137,3% del pil al 139,3%, ben sopra il 137,8 stimato dal ministero dell’Economia, e l’andamento dovrebbe procede in rialzo, al 140,4% per il 2025, 142,6% al 2026, 143,1% nel 2028 e 144,9% nel 2029. Mentre il Def ipotizza che nei prossimi anni non superi mai il 140% del pil. Anche il deficit, stando al Fiscal monitor, è maggiore rispetto alle stime tendenziali del governo: quest’anno si attesterebbe al 4,6%. Poi si ridurrebbe al 3,2% nel 2025, 3% nel 2026 e 2,9% nel 2027.

Al momento la probabilità che l’Italia raggiunga il deficit primario necessario per stabilizzare i suoi livelli di debito (stimato a più dello 0,5% del Pil per il 2024) è meno del 50%, il che indica “la necessità di ulteriori sforzi di bilancio nei prossimi due anni”, osserva il Fmi. La Penisola è tra i Paesi che stanno spingendo il debito globale verso il 100% del pil, quota che potrebbe essere raggiunta entro il 2029, e hanno dunque “bisogno di agire per affrontare gli squilibri fondamentali fra la spesa e i ricavi”.

Un freno potrebbe però arrivare dal fatto che “il 2024 è quello che viene definito il ‘grande anno elettorale‘: 88 economie o aree economiche che rappresentano più della metà della popolazione e del PIL mondiale hanno già tenuto o terranno elezioni nel corso dell’anno. Il sostegno all’aumento della spesa pubblica è cresciuto in tutto lo spettro politico negli ultimi decenni, rendendo quest’anno particolarmente impegnativo, poiché l’evidenza empirica mostra che la politica fiscale tende ad essere più allentata e gli scostamenti più consistenti durante gli anni elettorali”.

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