Ci risiamo. Le reazioni suscitate dallo spot per Amica Chips hanno superato perfino quelle per Rocco Siffredi che equivocava sulle patatine in altro modo. Perché un conto è toccare gli stereotipi sessuali degli italiani, un conto è toccare la religione.

Il soggetto: in un convento, una fila di novizie si appresta alla comunione. Nel momento in cui la prima prende in bocca l’ostia si sente un sordo “crunch”. Panico. Un’ostia non può fare così. Non deve fare così, perché un’ostia non va masticata! Uno stacco provvidenziale rivela che l’equivoco è stato causato dalla Superiora che proprio in quel momento, poco più in là, in sagrestia, stava sgranocchiando una patatina fritta. Speaker: “Amica Chips. Il divino quotidiano”. Chiarito l’equivoco col montaggio, dovrebbe tornare tutto a posto. E invece no, apriti cielo.

L’immediato ricorso dell’Aiart, l’Associazione degli ascoltatori di radio e televisione, associazione di matrice cattolica, ha indotto lo IAP, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, a bloccare lo spot perché in contrasto con l’art. 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona – del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, secondo cui: “La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose”. La denuncia del comitato sarebbe motivata dal parallelismo che il messaggio instaura tra la patatina, descritta come “il divino quotidiano”, e l’ostia, che rappresenta il divino, e quindi attua una derisione del senso profondo del sacramento.

Eppure, nello spot andato in onda in tv era evidente che non è la novizia a produrre il prosaico suono, ma casomai la Superiora che non resiste alla tentazione (e quante volte abbiamo già visto lo stereotipo dei frati golosoni in pubblicità?) ed è lei a sgranocchiare. Allora dove diavolo si è vista la scena delle ostie messe nella pisside al posto delle particole e la patatina usata come ostia? Ma sui social!

Con quelle che in gergo cinematografico vengono chiamate “frattaglie” oppure “fegatelli” avanzati dal girato è stato fatto un montaggio “non ufficiale”, così, tanto per scherzare, e qualche social media manager sciocchino, cresciuto immagino alla scuola di Taffo, ha pubblicato sul web della casa di produzione e dell’agenzia.

Ora, far passare questa cazzatina per quello che è andato veramente in onda in tv denota una certa malafede. Considerando anche il fatto che dal web si può eliminare subito, mentre fatta la denuncia allo IAP resta ancora in onda fino al pronunciamento definitivo.

Ma cosa ha veramente infastidito tutte queste persone che nemmeno hanno visto lo spot vero? L’ho spiegato molto tempo fa nel mio saggio Gesù lava più bianco: “Oggi, in un’epoca di desacralizzazione, la raccomandazione di non masticare l’ostia perché si tratta della carne di nostro Signore Gesù Cristo può ancora generare qualche confusione nei consumatori. Ora, fino a quando i consumatori non vengono dissuasi da un uso improprio del prodotto, nessuno di loro si pone minimamente la questione. Ma proprio l’invito catechistico all’inghiottimento delicato dell’ostia piuttosto che alla sua masticazione apre nella coscienza del consumatore la possibilità, fino a quel momento non contemplata, di fruire del prodotto in modo diverso. L’ostia andrebbe deglutita intera per far sì che il prodotto possa ‘entrare’ inalterato nel consumatore e sortisca gli effetti promessi (possedendolo). Un uso diverso, come la masticazione ad esempio, comporterebbe una prima forma di digestione e quindi il rischio della neutralizzazione, dell’annullamento delle proprietà sacre del prodotto.

Come annota Parlato, una ulteriore caratteristica dell’inghiottimento è relativa alla distinzione tra inghiottimento morbido e inghiottimento ‘stritolante‘. È sufficiente riflettere alla presenza di una filosofia del ‘molle’ – il molle come buono, come tenero, delicato – di cui la pubblicità fa largo uso. Anche l’inghiottimento stritolante è utilizzato negli spot pubblicitari, ma quando ciò avviene è soprattutto per metterne in mostra gli aspetti indecorosi, l’infrazione di un codice […] Il parallelismo con l’infrazione del tabù e con il pasto dell’animale totemico si presenta con evidenza […] sarà sufficiente rilevare che attraverso il pasto totemico è possibile acquisire caratteristiche di tipologia e livello superiore a quelle possedute dai soggetti che al pasto partecipano. In definitiva, ciò che torna alla luce è l’antico tabù del cannibalismo”.

È questo il nervo che si va a toccare: un senso del sacro primitivo, di gran lunga precedente alla religione, che con il cattolicesimo non ha nulla a che fare. Perché qui il sacrificio umano e cannibalismo rituale di epoche remote è stato trasformato in sacramento e reso simbolico attraverso il dogma della transustanziazione (a patto che quel corpo non venga mai masticato, per carità! altrimenti torna su tutto come per una sorta di reflusso spirituale).

Se i telespettatori cattolici si sono scandalizzati per nulla, posso scandalizzarmi per reazioni degne del più violento integralismo islamico che una religiosità mal digerita può generare? Io non amo questo genere di creatività, preferisco altri stili. Ma è possibile, ancora oggi, che si arrivi alle minacce di morte subite da Lorenzo Marini, direttore creativo dell’agenzia? Se è vero che noi siamo ciò che mangiamo, e quando assumiamo il corpus Christi diventiamo migliori, sono viceversa convinto che certi cattolici restino dei tuberi anche se inghiottono un’ostia.

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