Dalla retrocessione nei dilettanti, al ripescaggio, alla promozione in Serie B. Tutto nello spazio di appena dieci mesi. È questa la parabola del Mantova di Davide Pozzanzini, tornato ufficialmente in cadetteria dopo 14 anni di attesa e due fallimenti (nel 2010 e nel 2017), grazie al pareggio per 1-1 del Padova sul campo del Lumezzane. Una cavalcata trionfale, conclusa con ben tre giornate di anticipo: un campionato letteralmente dominato. E pensare che il Mantova quest’annata non doveva nemmeno disputarla.

Nel giugno dell’anno scorso i biancorossi, allenati allora da Andrea Mandorlini, perdono il playout contro l’Albinoleffe retrocedendo in Serie D. La nuova società guidata da Filippo Piccoli, fondatore di Sinergy (sponsor dell’Hellas Verona) – subentrata al 100 per cento dopo l’uscita di scena di Maurizio Setti, attuale presidente del Verona – decide di ripartire da Christian Botturi (reduce da una grande annata con la Pro Sesto) e Davide Possanzini. Il primo con il ruolo di direttore sportivo, il secondo per la panchina. Il nuovo presidente non vede nella retrocessione un dramma sportivo, ma una grande opportunità per azzerare tutto e ripartire, costruendo un progetto solido, ambizioso, sostenibile.

All’improvviso però qualcosa cambia, arriva il ripescaggio. A fine luglio infatti c’è la defezione del Pordenone e per il Mantova si spalancano le porte del ritorno in terza serie. Possanzini ha un paio di mesi per assemblare una squadra completamente stravolta. Sono addirittura 24 i nuovi arrivi, mentre soltanto tre sono i reduci dalla stagione precedente: le punte Monachello e Mensah e il laterale sinistro Panizzi. La speranza si trasforma ben presto in entusiasmo e quest’ultimo si traduce in dati concreti. Negli anni precedenti si faticava a raggiungere quota 1.000 abbonamenti, in questa stagione invece le tessere sono più di 4mila e le presenze in casa circa 6mila. Numeri importanti, da categoria superiore. In città si respira subito un’aria antica, che sa di tempi gloriosi.

Solitamente quando un club attua una rivoluzione di tali dimensioni c’è sempre un periodo iniziale di adattamento, con risultati e prestazioni altalenanti, a volte anche deludenti. Non in questo caso, perché il Mantova di Possanzini parte fortissimo nel suo girone A di Serie C: quattro vittorie nelle prime cinque giornate. Il nuovo allenatore ci ha messo poco ad amalgamare la nuova rosa e ad impiantare i suoi principi cardine: possesso palla, costruzione dal basso (anche a costo di aspettare a lungo), gioco di prima in attacco.

Dopo l’avvio sorprendente il Mantova non si ferma, anzi. La squadra di Possanzini si mantiene nelle posizioni di testa e lancia la propria sfida a club ben più attrezzati come Vicenza, Triestina e Padova. Realtà appositamente costruite per salire in Serie B. La due sconfitte consecutive a Trieste e in casa contro la Pro Patria si rivelano casi isolati, la linea di confine che anticipa il cambio di passo definitivo dei biancorossi. La vittoria per 2 a 0 a Vicenza di inizio dicembre è la prova del nove che serviva, il clamoroso successo per 5 a 0 all’Euganeo nello scontro diretto contro il Padova è invece la partita della piena consapevolezza, il punto di rottura del campionato. Il momento che ha dato il via alla fuga definitiva e al conto alla rovescia. La sconfitta contro l’Albinoleffe lo scorso 4 febbraio non è stata solo l’ultima sconfitta dei ragazzi di Pozzanzini, ma anche un inciampo senza conseguenze. La corsa viene ripresa appena cinque giorni dopo, superando di forza l’altra big del campionato, la Triestina al Martelli. Da lì sono arrivati cinque vittorie e quattro pareggi, fino alla rete siglata dal centrocampista del Lumezzane Ilari contro il Padova, quella che vale per i mantovani un salto di categoria che ha diversi protagonisti.

In primis l’esperto centrocampista Salvatore Burrai, 36 anni, già visto a Pordenone e Perugia, un autentico faro della squadra. In difesa ha impressionato nell’arco di tutta la stagione Fabrizio Brignani, 25enne dall’Olbia, mentre ad entusiasmare ci ha pensato Antonio Fiori, 20 anni, ala destra che l’anno scorso la Spal spedì a Vastogirardi (Molise, Serie D) senza poi rinnovargli il contratto. Il Ds Botturi con lo scout Vincenzo Talluto lo ha seguito, ammirato, approvato e infine preso. Una scommessa ripagata con ben 9 reti e 5 assist in stagione. Ma Fiori non è l’unico gioiello che questo Mantova può mettere in mostra. Ci sono anche Nicolò Radaelli, 20 anni, centrocampista preso dalla Pro Sesto, e Simone Trimboli, altro centrocampista di 21 anni, acquistato dalla Sampdoria. Ragazzi che oggi sono presenti anche su diversi taccuini degli osservatori di Serie A, ma che per il momento rappresentano l’ossatura di una favola che ha un solo e unico condottiero: Davide Possanzini. L’ex attaccante ha lavorato tanto nei settori giovanili, prima di diventare vice di Roberto De Zerbi al Foggia, Palermo, Benevento, Sassuolo e Shakhtar Donetsk. Un feeling che gli ha consentito di assimilare i dettami principali dell’attuale allenatore del Brighton, soprattutto il 4-3-3, il controllo del possesso palla e la costruzione dal basso. Il Mantova gioca bene, diverte e si diverte. Un modo di giocare non fine a se stesso, ma che in Lombardia è riuscito ad essere concreto, sostanzioso, incentrato sempre sulla ricerca della vittoria.

Questa promozione chiude 14 anni di sofferenze per i biancorossi, caratterizzati da ben due fallimenti, nel 2010 e nel 2017. L’ultima presenza in Serie B risaliva alla stagione 2009/10, annata del fallimento della società guidata dall’istrionico presidente Fabrizio Lori. Una stagione, quella, macchiata dalla presenza in rosa di Carlo Gervasoni, difensore che si occupava in prima persona di truccare i risultati e che venne poi radiato a seguito dello scandalo scommesse scoppiato nell’estate del 2011. Due vicende dolorose che avevano spazzato via il ricordo dei tempi pieni di entusiasmo dei primi anni 2000, con la scalata in Serie B e le ambizioni di ritrovare la massima serie persa dalla stagione 1971/72. Un desiderio che era franato nel 2005/06, con la finale playoff persa contro il Torino. Una delusione cocente e prolungata, attutita solo in un frangente, la prestigiosa vittoria al Martelli contro la Juventus nella stagione successiva. L’ultimo momento di gloria prima del baratro.

Adesso, ritrovata la Serie B e soprattutto la solidità societaria e sportiva, per il Mantova si apre una nuova ambiziosa pagina, da vivere senza forzature ma passo dopo passo. Il tutto nella speranza di poter riassaporare in futuro i tempi gloriosi vissuti nella seconda metà degli anni ’50, quando la squadra lombarda piazzò una scalata dalla quinta divisione alla Serie A, guidata da Edmondo Fabbri in panchina (futuro Ct dell’Italia ai Mondiali d’Inghilterra nel 1966) e da Italo Allodi come dirigente. In quegli anni il Mantova si era meritato anche l’appellativo di “Piccolo Brasile”. Da quelle stagioni sono poi usciti i campionati negli anni ‘60 e momenti passati alla storia del calcio italiano, come la papera di Sarti al Martelli costata lo scudetto alla Grande Inter nella stagione 1966/67.

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