Gli Stati Uniti e Israele sono in stato di massima allerta perché si aspettano un attacco dell’Iran in risposta al raid israeliano sul consolato iraniano di Damasco dello scorso primo aprile. È uno degli scenari peggiori, perché – come teme l’amministrazione Biden – potrebbe tradursi presto in una rapida escalation del conflitto in Medio Oriente. A svelare l’allarme condiviso tra Washington e Tel Aviv sono le informazioni raccolte da Cnn e New York Times. Gli Stati Uniti sono in allerta e si stanno preparando per “un significativo attacco dell’Iran la prossima settimana”, ha scritto l’emittente americano. Mentre il quotidiano della Grande Mela aggiunge che anche l’Iran ha posto tutte le sue forze armate “in massima allerta” dopo aver preso la decisione di “rispondere direttamente” a Israele. Il New York Times cita due funzionari iraniani che hanno richiesto l’anonimato.

A parlare alla Cnn invece è direttamente un alto funzionario dell’amministrazione di Joe Biden: la Casa Bianca si preparando attivamente per un attacco “significativo” che potrebbe giungere entro la prossima settimana da parte dell’Iran in risposta all’attacco israeliano di lunedì a Damasco. Alti funzionari statunitensi attualmente ritengono che un attacco da parte dell’Iran sia “inevitabile“, un’opinione condivisa dalle loro controparti israeliane. I due governi stanno lavorando per prepararsi a quello che verrà, poiché prevedono che l’attacco dell’Iran potrebbe svolgersi in molti modi diversi. L’imminente attacco iraniano è stato uno dei principali argomenti di discussione durante la telefonata del presidente Joe Biden con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Forze armate in massima allerta – Uno scenario identico viene tratteggiato dal New York Times, che ricorda come siano già arrivate diverse minacce di vendetta dall’Iran, anche durante il funerale pubblico per le vittime dell’attacco israeliano. Venerdì la difesa dello Stato ebraico si è messa “in alto livello di allerta per il rischio di un attacco“. Il timore di una rappresaglia da parte del Paese degli ayatollah ha portato Israele anche a chiudere 30 ambasciate in tutto il mondo, compresa l’ambasciata israeliana a Roma. C’è di più secondo il Nyt: stando alle informazioni fornite da un funzionario israeliano, Tel Aviv ha anche annullato il congedo per le unità combattenti, ha richiamato alcuni riservisti nelle unità di difesa aerea e ha bloccato i segnali GPS. Mentre pure le forze militari statunitensi nella regione sono state poste in massima allerta.

L’attacco a obiettivi nella regione – Gli Stati Uniti hanno inoltre avvertito l’Iran di non utilizzare l’attacco israeliano a Damasco come “pretesto per attaccare personale e strutture statunitensi”. A renderlo noto è stata di nuovo la Cnn, citando un portavoce del Dipartimento di Stato. L’avvertimento è stato inviato in risposta a un messaggio di Teheran, ha dichiarato il portavoce, senza fornire dettagli sul contenuto del messaggio iraniano. Gli Stati Uniti – ha poi reso noto la stessa fonte – ritengono che un attacco da parte dell’Iran potrebbe avvenire contro obiettivi israeliani o americani nella regione.

Il rischio di una escalation – L’attacco di Israele sul consolato iraniano di Damasco è stato d’altronde un evento praticamente senza eguali nella storia recente: un esercito regolare ha preso deliberatamente di mira una sede diplomatica straniera. Quindi, questo attacco di Israele può essere il fattore che rischia di provocare un’escalation del conflitto in tutta l’area mediorientale. Innanzitutto perché Teheran, che da anni ormai porta avanti un processo di arricchimento dell’uranio probabilmente anche per scopi militari, potrebbe considerarlo al pari di un attacco sul proprio territorio e, di conseguenza, un atto di guerra da parte di Israele. E anche perché, con questa mossa, lo ‘Stato ebraico’, dopo aver bombardato indiscriminatamente ospedali, ambulanze e strutture delle Nazioni Unite usate per dare rifugio agli sfollati della guerra, sta portando avanti così un processo di normalizzazione dell’escalation che rischia di trascinare tutto il Medio Oriente verso un punto di non ritorno.

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