Lo “schiaffo” promesso dall’Iran e dalla Guida Suprema, Ali Khamenei, dopo il bombardamento di Israele sul consolato della Repubblica Islamica a Damasco non è stato preso alla leggera da Tel Aviv. Tanto che la difesa dello ‘Stato ebraico’ si è messa “in alto livello di allerta per il rischio di un attacco” che varrebbe come rappresaglia da parte del Paese degli ayatollah. Secondo quanto scrive Haaretz, “in base a tutti i segnali e gli avvisi che giungono da lì (Teheran, ndr) è determinata” a rispondere all’attacco nel quale Israele è riuscito a eliminare Mohammad Reza Zahedi, uno dei comandanti della Forza Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane in Siria e Libano. Nessun segnale di distensione, quindi, e anche i lavori per arrivare a un tavolo per un cessate il fuoco sono a un punto morto: il rappresentante di Hamas a Beirut, Osama Hamdan, ha affermato infatti che i “negoziati con Israele sono a un punto morto. Confermiamo che finora non ci sono stati progressi nei negoziati nonostante l’elevata flessibilità positiva mostrata (da Hamas) per facilitare il raggiungimento di un accordo”.

Secondo Haaretz, i timori di Tel Aviv riguardano diversi scenari ipotizzabili: “Un attacco di droni o di missili da crociera direttamente dall’Iran diretti verso infrastrutture israeliane”, oppure “intensi attacchi di missili dal Libano o dalla Siria attraverso gli Hezbollah o milizie scite” o ancora “attentati alle ambasciate israeliane all’estero”. Da parte sua, in mattinata Khamenei ha dichiarato che “la disfatta del regime sionista a Gaza è inevitabile e questo regime si avvicinerà al declino e alla dissoluzione. Sforzi disperati come quelli compiuti in Siria non lo salveranno dalla sconfitta. Beninteso, per questa azione riceveranno comunque degli schiaffi”.

I pericoli, però, arrivano anche dalla Cisgiordania. Lo Shin Bet ha detto di aver sventato piani di una cellula composta da palestinesi e arabi israeliani per attacchi in Israele e in West Bank che avevano come obiettivo, tra gli altri, anche il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir. Tra le persone arrestate ci sono sette arabi israeliani e quattro palestinesi. Secondo la fonte citata dai media, la cellula, in contatto con operativi di Hamas a Gaza, aveva in programma attentati in luoghi “sensibili”, tra cui l’aeroporto Ben Gurion ed edifici del governo a Gerusalemme.

Continuano invece le pressioni su Israele per l’attacco che ha coinvolto tre mezzi della ong World Central Kitchen (Wck) uccidendo sette cooperanti internazionali. L’organizzazione, seguendo gli appelli di diversi governi mondiali, chiede un’indagine indipendente e terza: “Abbiamo chiesto ai governi di Australia, Canada, Stati Uniti d’America, Polonia e Regno Unito di unirsi a noi nel chiedere un’indagine indipendente e terza su questi attacchi, sia che siano stati effettuati intenzionalmente o violando il diritto internazionale”. La Wck ha aggiunto di aver chiesto al governo israeliano “di conservare assolutamente tutti i documenti, le comunicazioni, le registrazioni video e/o audio e qualsiasi altro materiale potenzialmente rilevante” per gli attacchi al fine di “garantire l’integrità delle indagini”.

L’uccisione dei cooperanti continua a provocare reazioni indignate nelle cancellerie mondiali. Il premier britannico, Rishi Sunak, nel corso di una telefonata avvenuta martedì sera ha ammonito il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu sui crimini di guerra commessi a Gaza, come riporta Channel 13. “Se non ci sarà alcun cambiamento nell’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, dovremo dichiarare che Israele ha violato il diritto umanitario internazionale”, è quanto ha dichiarato il primo ministro del Regno Unito nel corso della conversazione. Mentre il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, ha espresso la sua “indignazione” per l’attacco, riporta la Cnn, sottolineando che il capo del Pentagono ha avuto un colloquio telefonico con la sua controparte israeliana, Yoav Gallant. Il segretario alla Difesa Usa ha sottolineato la necessità di “adottare immediatamente misure concrete per proteggere gli operatori umanitari e i civili palestinesi a Gaza dopo ripetuti fallimenti nel coordinamento con i gruppi umanitari stranieri”.

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