Nessun deposito di verbali, per ora, ma dal processo sulle presunte infiltrazioni della camorra negli appalti Rfi è arrivata la dichiarazione di uno degli imputati principali: “Certo che ammetto la mia amicizia con Francesco Schiavone, e come potrei negarla? Eravamo ragazzini, andavamo a scuola insieme, tutti e due con il grembiulino, vivevamo vicini, i nostri genitori facevano gli agricoltori, si conoscevano ed erano sempre in contatto per cose di lavoro. La cooperativa in cui nell’81 eravamo entrambi era una coop formata da lavoratori e Francesco all’epoca faceva il camionista. Io sono andato via da Casal di Principe da più di quarant’anni e ho costruito altrove la mia storia e la mia professionalità. Sono stato professore di scuole superiori a Genova, poi mi sono traferito per alcuni anni in America. Quell’amicizia rimane relativamente agli anni della fanciullezza e della gioventù, ma niente di più. Se lui vuole collaborare con la giustizia ben venga. Potrà dare certamente un contributo di verità” ha dichiarato il 70enne Nicola Schiavone ai cronisti che gli hanno chiesto durante una pausa dell’udienza della collaborazione del boss del clan dei Casalesi, suo amico di vecchia data.

L’imprenditore, imputato per associazione camorristica al tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), in passato è stato imputato in altri processi incassando sempre assoluzioni. Oggi si attendeva il deposito dei primi verbali di dichiarazioni del boss, che ha iniziato a collaborare, che non è avvenuto ma che avverrà probabilmente nelle prossime udienze. Il 22 aprile è previsto, questa a volta, Napoli, il secondo troncone del processo sugli appalti di Rfi dove vengono contestati i reati di intestazione fittizia di beni, turbativa d’asta, corruzione, riciclaggio con l’aggravante della metodologia mafiosa ma anche rivelazione di atti coperti dal segreto delle indagini. E potrebbe essere questa la sede scelta dagli inquirenti della Dda.

La posizione di Nicola Schiavone e del fratello Vincenzo, quest’ultimo condannato a due anni al termine del maxi-processo Spartacus, potrebbero essere fortemente condizionate dalle parole di Francesco Schiavone, visti i rapporti personali ed economici così datati; il 70enne Nicola Schiavone ha persino battezzato il primogenito di Sandokan. Un ruolo, quello dei fratelli Schiavone, soprattutto di Nicola, su cui Sandokan verrà sicuramente chiamato dai magistrati anticamorra a dare informazioni e chiarimenti, che potrebbero rivelarsi decisivi.

Nell’udienza di oggi è stato sentito un consulente della Procura, che ha confermato come nel 1981, nella società di costruzioni “Scen” di Nicola Schiavone, comparisse come socio Francesco Sandokan Schiavone. I legali del 70enne consulente, Caterina Greco e Umberto Del Basso De Caro, hanno chiesto al presidente del collegio di tribunale Giuseppe Meccariello di proseguire la celebrazione del processo a porte chiuse, ma il magistrato ha rigettato l’istanza ritenendo che “non vi fosse alcuna ragione per denegare il principio di pubblicità dell’udienza stabilito dal codice di procedura penale, che prevede dettagliatamente all’articolo 472 i motivi di eccezione (ordine e igiene pubblici, ndr), che qui non ricorrono”.

Articolo Successivo

Prima il no a Impastato, ora Lia Pipitone: in certi siciliani alberga ancora la mentalità mafiosa

next