Malato di tumore, due figli già collaboratori di giustizia, detenuto dal 1998, FrancescoSandokan Schiavone ha gettato la spugna. Si è pentito il fondatore della cosca, l’uomo che spodestò Antonio Bardellino e ridisegnò la mappa criminale del clan dei Casalesi, seminando il terrore nell’agro aversano tra gli anni ’80 e ’90 prima di essere stanato dal suo bunker di Casal di Principe. Aveva i capelli lunghi e una forte somiglianza con Kabir Bedi, di qui “Sandokan”: “Un soprannome che ha sempre rifiutato”, ricordò l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. “In udienza, una volta, s’impuntò, e sbraitando disse che all’anagrafe lui era solo Schiavone Francesco di Nicola”.

La scelta di Schiavone di pentirsi ha un alto valore simbolico per il messaggio di resa che trasmette alle giovani leve del clan, profondamente disarticolato dai duri colpi inferti negli ultimi anni dalla Dda di Napoli. Da un punto di vista pratico, bisognerà capire cosa Sandokan sia in grado di rivelare agli inquirenti dopo 26 anni ininterrotti di carcere duro. Tra i segreti che potrebbe custodire c’è quello della misteriosa scomparsa del rivale Antonio Bardellino, ucciso in Brasile nel 1988 su suo ordine (secondo le ricostruzioni ufficiali del processo Spartacus). Ma il corpo di Bardellino non fu mai ritrovato e le circostanze del suo seppellimento – di sera, nella spiaggia di Copacabana – non appaiono del tutto verosimili agli inquirenti. Il caso è ancora aperto in un fascicolo del pm Vincenzo Ranieri della Dda di Napoli, che nei mesi scorsi ha ordinato alcune perquisizioni tra il casertano e il basso Lazio: una delle ipotesi è che Bardellino non sia stato ucciso nel 1988 e che sia invece rimasto all’estero, tra Sudamerica e Stati Uniti, per molto tempo. Oggi avrebbe 78 anni.

Schiavone ha sul groppone diversi ergastoli – uno per il processo Spartacus – e altri processi in corso: l’ultimo gli è stato inflitto per il triplice omicidio di Luigi Diana, Nicola Diana e Luigi Cantiello. Il suo coinvolgimento era emerso grazie alle rivelazioni di un collaboratore di giustizia. Durante il dibattimento, il boss aveva provato ad accedere al rito abbreviato che può determinare sconti di pena. La prima incrinatura dopo decenni di granitiche affermazioni di innocenza in ogni sede giudiziaria. La voce dell’avvenuto pentimento circolava a Casal di Principe da diverse settimane. Cronache di Caserta l’ha pubblicata dopo aver verificato che i carabinieri avevano bussato alla porta dei familiari per avviare le pratiche del programma di protezione. La stessa prassi del 2018, quando a pentirsi fu Nicola Schiavone, il primogenito del boss, e nel 2021, quando a intraprendere il percorso di collaborazione fu un altro figlio di Sandokan, Walter Schiavone.

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