Mentre la situazione umanitaria a Gaza continua a peggiorare, e varie ong si trovano costrette a sospendere la distribuzione di aiuti nella Striscia, le associazioni tornano a invocare il cessate il fuoco. “Gli Stati devono ora intraprendere azioni urgenti per garantire l’attuazione immediata di un cessate il fuoco permanente ed esplorare tutte le opzioni disponibili per proteggere i civili, in linea con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani”. A chiederlo sono 13 Organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, tra cui Save the Children, Amnesty International, ActionAid International e Oxfam International, che insieme lanciano l’allarme: nonostante il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite abbia approvato la risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato, gli Stati devono ancora agire per garantirne l’applicazione e prevenire che il conflitto si espanda a Rafah, dove il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha più volte sottolineato che l’esercito è pronto a procedere con l’operazione di terra per portare a termine la missione di “sradicare Hamas”.

“Non esiste un piano di evacuazione fattibile o condizioni che possano proteggere i civili nel caso in cui un’incursione di terra dovesse essere portata avanti”, spiegano in una nota le associazioni. Per rispettare il divieto di trasferimento forzato e deportazione di civili previsto dal diritto internazionale umanitario, Israele è obbligato ad adottare ‘tutte le misure possibili’ per fornire ai civili evacuati beni di prima necessità per la sopravvivenza e garanzie di un ritorno sicuro e dignitoso una volta terminate le ostilità. Tali misure includono la garanzia di sicurezza e protezione adeguate, alloggi, acqua, servizi igienico-sanitari, assistenza sanitaria e nutrizione. Ma ad oggi, denuncia la nota, non esiste alcun posto del genere né all’interno né all’esterno di Gaza.

Le forze israeliane nel corso dei mesi hanno attaccato aree che in precedenza avevano definito “sicure”, come Al-Mawasi, dove non esistono infrastrutture, non ci sono l’acqua e l’elettricità, non ci sono case. E dove gli attacchi “hanno ucciso almeno 28 persone, mentre le forze di terra israeliane entravano e occupavano la zona settentrionale“. Inoltre gli attacchi, sottolineano le organizzazioni, hanno coinvolto anche gli operatori umanitari: l’ultimo episodio è l’attacco al convoglio dell’organizzazione umanitaria World Central Kitchen, che ha causato la morte di 7 cooperanti. Ma anche i convogli umanitari, i rifugi e gli ospedali sostenuti dalle Organizzazioni. Una situazione che spinge le confederazioni e le ong a dubitare delle proposte del governo: “Le nuove proposte del governo israeliano di costringere i civili nelle cosiddette ‘isole umanitarie’ probabilmente fornirebbero un’altra falsa pretesa di sicurezza e spingerebbero invece i civili in aree piccole, ristrette e con scarse risorse dove rischiano di essere attaccati, sia che si trovino all’interno o all’esterno di queste ‘isole'”.

L’allarme congiunto richiede quindi “l’interruzione immediata del trasferimento di armi, parti di ricambio e munizioni laddove vi sia il rischio che vengano utilizzate per commettere o agevolare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani“, portato avanti in questi mesi da molti paesi europei come la Francia. Perché, spiegano, “qualunque azione in meno non è semplicemente un fallimento. Qualunque azione in meno non rispetterà gli obblighi morali, umanitari e legali”. “Tutti gli Stati hanno l’obbligo di proteggere le popolazioni dai crimini di atrocità”.

Dopo che il 31 marzo il gabinetto di guerra israeliano ha approvato i piani per le operazioni di terra nel governatorato più a sud, e mentre il conflitto si espande con il pericoloso attacco senza precedenti in Siria contro un edificio dell’ambasciata iraniana a Damasco, si rischia un’ulteriore escalation. Ma nonostante “alcuni stati abbiano espresso pubblicamente disapprovazione, le pressioni diplomatiche e le dichiarazioni internazionali non sono state finora sufficienti a produrre risultati e ad evitare l’incursione pianificata“, e l’offensiva dell’esercito di Israele non accenna a diminuire. “Tuttavia, esistono una serie di misure di protezione a disposizione degli Stati, che sono obbligati a rispettare e garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, come dimostrato in precedenza in altre crisi internazionali”.

La nota congiunta si allinea alla petizione già lanciata da Oxfam, un appello al governo italiano e ai leader europei a cui si può aderire su https://www.oxfamitalia.org/petizione-gaza/

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