Ha voluto dettare la linea e ribadire la sua posizione prima di sottoporsi a un intervento chirurgico a un’ernia. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che l’esercito è pronto per operare a Rafah, evacuare la popolazione civile, distribuire gli aiuti e procedere con l’operazione di terra nell’ultima città rimasta nella Striscia di Gaza per portare a termine la missione di “sradicare Hamas“. A niente sono servite le richieste degli alleati, tra cui gli Stati Uniti, che chiedono di desistere per mettere fine alle violenze e alla crisi umanitaria nell’enclave palestinese. Netanyahu non fa passi indietro: “È la cosa giusta da fare a livello operativo e internazionale. Ci vorrà tempo, ma sarà fatto”.

Il premier deve però accelerare i tempi perché i malumori all’interno del Paese continuano a crescere. A Gerusalemme le persone sono tornate in piazza per chiedere le sue dimissioni e quelle del suo governo, elezioni anticipate e un accordo tra i leader di Israele che permetta di arrivare al rilascio dei 130 ostaggi ancora nella Striscia di Gaza. Le proteste si sono svolte anche sotto la Knesset, il Parlamento israeliano, ma anche la residenza di Netanyahu a Gerusalemme e altri luoghi chiave sono stati oggetto di manifestazioni.

Netanyahu, nella sua conferenza stampa, ha risposto anche a queste richieste: “Hamas sarebbe il primo a festeggiare se tenessimo le elezioni ora”, con il Paese che, sostiene, rimarrebbe paralizzato per otto mesi. “Paralizzerebbe i negoziati per la liberazione dei nostri ostaggi e porrebbe fine alla guerra prima di raggiungere i suoi obiettivi”, spiega Netanyahu che ribadisce il suo impegno a riportare a casa tutti gli ostaggi: “Uomini e donne, civili e soldati, vivi e vittime”.

Il premier, parallelamente, porta avanti anche la sua guerra con le agenzie delle Nazioni Unite impegnate nella fornitura di aiuti a Gaza. In particolare contro l’Unrwa, accusata da Israele, senza però fornire prove inconfutabili, di avere al suo interno membri legati a Hamas che hanno preso parte al massacro del 7 ottobre. Israele ha presentato all’Onu una proposta per smantellarla e trasferire il suo personale in un’agenzia sostitutiva per effettuare consegne di cibo e aiuti su larga scala a Gaza, secondo quanto riporta il Guardian. La proposta è stata presentata alla fine della scorsa settimana dal capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, ai funzionari delle Nazioni Unite in Israele che l’hanno inoltrata sabato al segretario generale dell’organizzazione, António Guterres.

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