L’ombra di uno “sponsor” e del “supporto dell’intelligence di qualche Paese” perché “l’Isis non è in grado di portare avanti da solo un’organizzazione” come quella dell’attentato al Crocus City Hall vicino a Mosca, dove sono morte almeno 143 persone. Se finora la possibilità di un ‘agente esterno’ nel massacro nella sala concerti era stata un’idea insufflata solo da Vladimir Putin e dai massimi livelli delle autorità moscovite, ora valica i confini della Russia e rimbalza fino alla Turchia.

“C’è uno sponsor dietro l’Isis”
A rilanciare la teoria è stato Omer Celik, portavoce dell’Akp, il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan. In sostanza, secondo l’Akp, il raid non sarebbe stato possibile senza il sostegno di servizi segreti stranieri: “Ciò non può accadere senza il supporto dell’intelligence di qualche Paese. La verità è che l’Isis non è in grado di portare avanti da solo un’organizzazione del genere. Tali azioni hanno uno sponsor”, ha affermato Celik in un’intervista con l’emittente privata turca Ntv.

L’ultima virata turca
La Turchia rilancia quindi il sospetto alimentato nell’ultima settimana da Mosca, arrivata a ipotizzare che il gruppo di attentatori sia stato addestrato dall’Ucraina in Medio Oriente con il supporto di Usa e Regno Unito. È l’ultima virata di Ankara rispetto alle posizioni della Nato, alleanza di cui è parte. Un disallineamento che dall’invasione della Russia e l’attacco di Hamas in Israele si è manifestato in diverse occasioni.

Le bordate contro Israele
Solo negli ultimi venti giorni, Erdogan ha duramente attaccato Benjamin Nethanyahu in due occasioni. Il 9 marzo lo ha paragonato ad Adolf Hitler, Benito Mussolini e Iosif Stalin parlando di “nazista del nostro tempo dopo i crimini umanitari commessi a Gaza”. Appena una settimana fa, ero tornato alla carica durante una manifestazione organizzata a Kayseri: “Affidiamo al nostro Signore una certa persona chiamata Netanyahu. Possa nostro Signore distruggerlo e renderlo miserabile”, aveva detto augurandogli la morte senza tanti giri di parole.

Le accuse agli Usa e le minacce ad Atene
Uno scivolamento verso la tensione iniziato già in autunno, quando Tel Aviv ha dato il via all’invasione della Striscia di Gaza, con Erdogan che aveva annullato il viaggio in Israele e abbandonato la linea della mediazione descrivendo gli uomini di Hamas come “liberatori e non terroristi”. Dichiarazioni arrivate pochi giorni dopo le critiche agli Usa, accusati di alimentare la tensione con l’invio di navi da guerra. Alla fine del 2022, il presidente turco se l’era presa anche con la Grecia avvisandola che se avesse continuato “ad armarsi, i nostri nuovi missili la colpiranno”.

Il veto alla Svezia e le critiche all’Ue
Senza considerare il tortuoso percorso per il via libera all’adesione della Svezia alla Nato e le posizioni ondivaghe assunte fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Se da un lato Erdogan non ha mancato di fornire armi a Kiev, dall’altro ha sostenuto in diverse occasioni la necessità di intensificare i tentativi di dialogo tra Putin e Volodymyr Zelensky e criticato apertamente le posizioni europee, schiacciate su quelle Nato, arrivando a sostenere che l’Ue “preferisce la provocazione alla pace”.

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Anna Camposampiero di Rifondazione trattenuta ad Istanbul. Era in Turchia come osservatrice per le elezioni

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