La qualificazione della Georgia maturata ai rigori è stata il piatto forte delle finali playoff per definire il tabellone di Euro 2024: la nazionale di Willy Sagnol sarà l’unica debuttante del torneo tedesco. I giochi sono fatti e ora, a 79 giorni dal pronti via del 14 giugno, con la gara inaugurale Germania-Scozia all’Allianz Arena di Monaco di Baviera, si possono fare le prime considerazioni.

Non c’è una grande favorita – La riflessione numero uno è che riesce davvero difficile indicare una vera favorita, una squadra una spanna sulla concorrenza. Tra ricambi generazionali, nazionali consolidate ed eterne scommesse emerge infatti un panorama di assoluta incertezza. La Germania ha un allenatore giovane e ambizioso come Julian Nagelsmann, più un gruppo di ragazzi in ascesa: giocare in casa sarà un bel vantaggio per gli Sturmtruppen. La Francia di Didier Deschamps ha ancora il ricordo bruciante della finale mondiale persa ai rigori con l’Argentina, ma conserva un patrimonio tecnico di assoluto livello, a cominciare da Mbappé che vorrà presentarsi alla grande al popolo del Real Madrid: i Blues partono in pole position. Il Portogallo è stato un caterpillar durante le qualificazioni – tutte vittorie – ma Roberto Martinez deve gestire con accortezza la presenza ingombrante di Cristiano Ronaldo e l’eterno fado lusitano. La Spagna è ripartita con De la Fuente, ottimo ct con le giovanili, ma tutto da scoprire a livello di “grandi”. L’Inghilterra è forte in attacco, fragile in difesa e, tra i pali, schiera un portiere (Pickford) non proprio un top nel ruolo. Il ct Southgate è già nel mirino dei media dopo il ko con il Brasile e il pareggio ottenuto solo al 95’ con Bellingham contro il Belgio, ma prima o poi la perfida Albione dovrà finalmente vincere qualcosa dopo decenni di amarezze. L’Olanda è ripartita con Ronald Koeman, profondo conoscitore dell’ambiente, ma reduce da diversi insuccessi professionali. Il Belgio ha il consueto gruppo di talenti – in alcuni casi stagionati -, un Lukaku che con 14 gol è stato il capocannoniere della fase di qualificazione e l’allenatore Domenico Tedesco in panchina, altro coach in ascesa: i Diavoli Rossi sono gli eterni incompiuti.

La situazione degli azzurri – E siamo all’Italia: campione uscente, fuori per la seconda volta di fila ai mondiali e sbarcata in Germania grazie al colpo di coda di Luciano Spalletti dopo l’addio, la scorsa estate, di Roberto Mancini. I test negli Stati Uniti contro Venezuela ed Ecuador, in nome del dio denaro, hanno ribadito che le idee di calcio dell’allenatore funzionano quando la squadra rispetta il copione. Il problema, che l’Italia si trascina dall’epoca sventurata di Ventura, è quello del centravanti. L’America ha detto che il genoano Retegui, in questo momento, è il più affidabile: non siamo ai livelli di Mbappé, Harry Kane e Lukaku, ma l’italo-argentino ha fisico, senso del gioco e voglia di emergere. La resurrezione di Pellegrini potrebbe aggiungere classe e fantasia, oltre a fornire un contributo importante in zona-gol. Barella è una certezza. Cristante non è un fenomeno, ma tutti gli allenatori non rinunciano mai a lui ed è il quinto in Europa per minutaggio stagionale. La scommessa di Spalletti si chiama Zaniolo, impalpabile nell’Aston Villa, sempre sospeso tra esplosione e bocciatura definitiva: nel sistema di calcio del nostro ct le sue doti s’incastrano benissimo. L’Italia può puntare almeno alle semifinali, ma dovrà subito fare i conti con un gruppo non proprio tenero: le rivali del girone sono Spagna, Croazia – sempre scomoda per il nostro calcio – e l’Albania di Sylvinho. La formula – si qualificano agli ottavi le prime due dei sei gironi, più le quattro migliori terze – permette una partenza morbida alle grandi: uscire nella fase eliminatoria sarà un segnale di enorme fallimento per le big. Con 24 nazionali qualificate su 53, sarà presente tutta la crema d’Europa: mancano all’appello solo la Norvegia di Haaland e la Svezia, fuori dalla fase finale del torneo per la prima volta dal 1996.

Nessun gigante in panchina – L’Italia ha già vinto un titolo: quello delle panchine. Quattro allenatori rappresenteranno il nostro calcio (faranno compagnia a Spalletti, Marco Rossi-Ungheria, Francesco Calzona-Slovacchia, Vincenzo Montella-Turchia), ai quali bisogna aggiungere Domenico Tedesco, di chiara origine italiana. Il capitolo-coach è una buona chiave di lettura per interpretare il football moderno a livello di nazionali. Nessun totem della panchina sarà infatti presente agli europei: Guardiola, Klopp, Ancelotti, Mourinho, Luis Enrique, Zidane, Conte, Bielsa, Flick seguiranno il torneo dal divano. Il più titolato tra i manager è Didier Deschamps, campione del mondo 2018 con la Francia. Deschamps è anche il più stagionato: guida i Blues dal 2012. Il gruppo di allenatori con la bacheca vuota è consistente: Southgate (Inghilterra), Clarke (Scozia), Calzona (Slovacchia), Sylvinho (Albania), Sagnol (Georgia). In alcuni casi, come Stojkovic (Serbia), fa curriculum un campionato giapponese vinto nel 2010. Montella ha conquistato la Supercoppa con il Milan nel 2016. Hjulmand vinse il titolo danese nel 2012. Lo stesso Tedesco (Belgio) si ferma, per ora, a una Coppa di Germania (2022), ma ha appena 38 anni. Il nostro Spalletti (1 scudetto, 2 coppe Italia, 1 Supercoppa italiana, 2 campionati russi, 1 Coppa di Russia, 1 Supercoppa di Russia), approdato alla panchina dell’Italia a 64 anni suonati, è tra i tecnici più titolati. Al netto della sua eterna guerra con i nervi e con le ombre che lo inseguono da sempre, un punto in più a favore degli azzurri.

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