Desiree ha 19 anni. In piazza del Ferrarese è arrivata dalle 9 del mattino. “Voglio esserci, oggi si deve sentire la voce di tutti”. Sabina di anni ne ha 82. Si è seduta sul muretto che costeggia la piazza ma non ha voluto rinunciare. “Fossi più giovane sarei lì, in mezzo alla gente. È il nostro sindaco, è pulito come l’acqua. Come fai a non venirglielo a dire?”. Sono tanti, più di quelli che ci si aspettava, i baresi che sono scesi in piazza per la manifestazione “Giù le mani da Bari”. C’è chi dice che sono oltre 10mila, chi il doppio: impossibile dirlo. Ci sono bandiere, slogan, e persino fasce tricolore distribuite in un gazebo già dalle prime ore del mattino. C’è la ressa per prendersene una, ma finiscono sin da subito. “È un simbolo – ci dice un uomo indossandola – è come dire che oggi siamo tutti Antonio”. Ma le fasce, quelle vere, sono pure tante. I sindaci dei partiti di centrosinistra, del Movimento 5 Stelle, di movimenti civici, sono tutti qui e non solo della città metropolitana. Sono arrivati da tutte le province. Gabriele Abaterusso è il sindaco di Patù, una città del sud Salento che da Bari dista 230 km. “Era doveroso essere al fianco del sindaco di Bari, non solo per difendere lui e la sua storia che parla per sé, ma per tutta la storia della città che non può essere intaccata da una scelta scellerata del centrodestra”. Non è l’unico arrivato da fuori. Carlo Salvemini è il sindaco di Lecce ed è qui perché “c’è una storia di riscatto civile, sociale e culturale che ha cambiato la Puglia che vogliamo difendere partendo da quello che è accaduto questa settimana. Oggi siamo tutti baresi”.

Tony Matarelli, sente di avere una storia simile a quella di Decaro. “Sono sindaco di Mesagne, la città che per tutti è stata la capitale della Sacra corona unita. Oggi Mesagne è un luogo dove quotidianamente i cittadini si sentono al sicuro. Siamo tutti figli di un percorso che viene da lontano. Decaro è figlio di quel percorso e ne è anche il futuro”. “Antonio, Foggia è con te” si legge su uno striscione che campeggia tra la folla. Nell’attesa del sindaco, sul palco si alternano gli interventi di associazioni, studenti, sindacati, partiti. I primi dardi infuocati arrivano dallo storico Luciano Canfora. A 81 anni, sale sul palco con il suo bastone, attende il suo turno e poi dice: “Il ministro dell’Interno non sa, o forse non ricorda, che un secolo fa le bande fasciste furono cacciate da Bari vecchia, c’era un uomo che difendeva la città. Si chiamava Peppino Di Vittorio. Ma forse il ministro non ricorda nemmeno – ha continuato tra gli applausi scroscianti – che dopo l’insediamento del governo del cavaliere Mussolini, il primo atto compiuto fu di sciogliere i consigli comunali socialisti in tutta Italia. Quindi l’assalto ai comuni è una caratteristica del fascismo quale che sia la faccia che assume. È un dato di fatto, che noi guardiamo con coraggio. Lo sappiamo tutti, noi che siamo qui, che questa operazione grottesca si risolverà come un boomerang, con un disastro per coloro che l’hanno inventata. Poi tanto diranno che non siamo stati capiti, nel classico meccanismo di chi lancia la pietra e nasconde la mano”.

Anche don Angelo Cassano, presidente di Libera, c’è. Anche lui riserva bordate al ministro. “Quel ministro, Piantedosi, è lui il vero criminale. Lo dico con coraggio”. Poco prima aveva chiesto un minuto di silenzio per ricordare i baresi morti per mano della mala. “Michele Fazio, Gaetano Marchitelli, Annarosa Tarantini….”, Decaro pronuncia con lui quei nomi, segno di un elenco ripetuto talmente tante volte da ricordarlo a memoria. Uno ad uno. Tocca a lui. Guarda la folla e poggia la testa sulla spalla del presidente della Regione Michele Emiliano. Quasi a non credere che quella istantanea sia reale. Dal mazzo che gli hanno regalato, estrae due fiori. Ne dà uno per ciascuno a Michele Laforgia e Vito Leccese, in prima fila sotto il palco. Un passaggio simbolico di testimone, prima di parlare alla gente. La stessa gente che lo accoglie incitando il suo nome. “Questa è una risposta meravigliosa della città, per la città. Una risposta a chi pensa di utilizzare tutto questo per la campagna elettorale. A chi dice che siamo sotto il ricatto dalla mafia. Questa città – continua Decaro – né si fa ricattare dai mafiosi, né si fa ricattare dai politici. Noi baresi, non ci vergogniamo più. Oggi ci sentiamo un po’ tutti i baresi, anche alle tante persone che sono venute da fuori. Oggi la città di Bari aveva bisogno anche di voi. Vi voglio bene – dice concludendo – ve ne vorrò per sempre”.

Emiliano non riesce a trattenere le lacrime. “Sono commosso, perché i pullman da Lecce, Taranto, Foggia sono tantissimi. Vuol dire che qualcosa l’abbiamo trasmessa a queste persone. Ho il cuore felice, ho tutta la forza per fare il mio dovere come tutti i pugliesi. Andremo in fondo a questa storia e continueremo il nostro cammino”. Sotto le note de “La canzone popolare” di Ivano Fossati, la folla defluisce. Ma lunedì si continuerà a scrivere pagine di questa storia. Perché per l’inizio della settimana è previsto l’arrivo negli uffici comunali dei commissari nominati da Piantedosi. Sono Claudio Sammartino, prefetto in pensione con alle spalle anche un incarico di commissario di Stato per la Regione Sicilia, il viceprefetto Antonio Giannelli che ha già lavorato a casi simili, come per il comune di Rosarno in Calabria e Pio Giuseppe Stola, maggiore della Scico – il servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata – della Guardia di Finanza. Decaro ha già diramato una circolare a tutti gli uffici, per impartire l’ordine di offrire loro la massima collaborazione.

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