Un altro no rifilato in faccia ad Alex Schwazer, forse quello che definitivamente chiude il caso del marciatore altoatesino, alimentando altri dubbi più che fornire risposte. Il Tas – Tribunale arbitrale dello sport di Losanna – ha respinto il ricorso che chiedeva la sospensione della squalifica per doping. Schwazer, quindi, non potrà definitivamente prendere parte alle qualificazioni per le Olimpiadi di Parigi, in programma dal 26 luglio all’11 agosto 2024. A 39 anni, era la sua ultima flebile speranza. Eppure, sarebbe bastato uno “sconto” di qualche mese, perché il periodo di squalifica di otto anni era cominciato l’11 agosto 2016, quindi scadrà esattamente il giorno in cui si chiuderanno i Giochi estivi parigini. Eppure, per la giustizia italiana Schwazer non si è dopato nell’inverno 2015/16: il Tribunale di Bolzano ha archiviato il procedimento a carico del marciatore altoatesino per “non aver commesso il fatto. Non è bastato per farlo riabilitare da Wada e World Athletics, che lo hanno sempre contrastato.

Le tappe del caso Schwazer
Il doping e le rivelazioni – Dalla prima positività di Alex Schwazer bisogna partire per spiegare uno dei casi più intricati della storia dello sport italiano. Trovato positivo all’Epo, il marciatore oro olimpico nel 2008 decide di patteggiare la pena e collaborare con la giustizia, affidandosi all’allenatore Sandro Donati, simbolo della lotta al doping, per preparare il suo ritorno alle gare per i Giochi di Rio. Schwazer parla dei medici della Federazione italiana di atletica leggera, Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto, poi assolti in appello dall’accusa di favoreggiamento nei suoi confronti. Proprio nell’ambito dell’inchiesta sul doping del marciatore altoatesino, la Procura di Bolzano sequestra a Fischetto un database con una lista di circa 12.365 test ematici su 5mila atleti effettuati tra il 2001 e il 2012: quel database farà definitivamente deflagrare il caso del doping di Stato da parte della Russia. Sia Schwazer che Donati, infine, hanno denunciato anche il ruolo del vecchio presidente della Iaaf, Amine Diack.

Il controllo a sorpresa – Il 16 dicembre 2015 Schwazer fa una nuova deposizione in sede processuale, parla ancora di Fiorella e Fischetto. Lo stesso giorno la Iaaf dispone un controllo a sorpresa nei suoi confronti per il primo gennaio 2016. La notizia della positività viene diffusa solo il 21 giugno 2016, più di 5 mesi dopo: il tempo per presentare un ricorso e partecipare alle Olimpiadi è pochissimo. La positività rilevata dal laboratorio di Colonia sull’urina di Schwazer viene motivata dall’accusa con la presenza di testosterone sintetico nel campione.

Le anomalie nel procedimento – La difesa del marciatore ha sempre sostenuto però che a Stoccarda vi siano state delle gravi interruzioni nella catena di custodia della provetta. I dubbi sollevati in questi anni dalla difesa sono anche altri: ad esempio, come mai l’urina di Schwazer è stata inviata al laboratorio di Colonia con l’indicazione Racines? Le analisi dovrebbero essere anonime, ma Racines è la località in provincia di Bolzano dove è nato Schwazer. Nel report del 13 maggio 2016, il laboratorio di Colonia scrive “provenienza non nota”, mentre sul verbale di accompagnamento della provetta è appunto scritto Racines.

L’anomalia nelle urine – L’ipotesi di una manomissione, per la difesa, è dimostrata anche dalla concentrazione anomala di Dna: “I dati confermano un’anomalia“, è stato il risultato comunicato dal comandante del Ris dei carabinieri di Parma, Giampietro Lago, dopo la sua sua terza perizia sull’elevata concentrazione di Dna nelle urine di Schwazer. “La concentrazione non corrisponde ad una fisiologia umana”, ha spiegato chiaramente Lago lo scorso settembre. La perizia ha escluso, tra le varie cose, che l’aumento del valore sia stato dovuto al superallenamento. Lasciando spazio all’ipotesi da sempre sostenuta dal marciatore altoatesino e dal suo legale, quella del complotto.

Le mail degli hacker russi – Lo studio di Lago è basato sui dati completi di 37 atleti tesserati della Fidal di specialità di lunghe distanze. Inizialmente erano state raccolte le disponibilità di 60 atleti, poi però – complice il coronavirus – il numero è stato ridotto. Il giudice Pelino aveva disposto il supplemento di perizia, spiegando nella sua ordinanza che “l’ipotesi della manipolazione rimane in campo ed è l’unica suffragata da elementi indiziari. Nel corso dell’inchiesta, gli inquirenti hanno analizzato anche le email tra Iaaf e Wada, recuperate dagli hacker russi di Fancy Bears: nei messaggi tra il responsabile dell’antidoping della Iaaf (oggi World Athletics), Thomas Capdevielle, e il legale della stessa federazione mondiale di atletica, Ross Wenzel, erano state scritte la parola “complotto” e “A.S.”, che sono anche le iniziali dell’ex campione di marcia.

L’archiviazione a Bolzano – Nelle sue motivazione, il gip Walter Pelino fa riferimento anche all’ostruzionismo di Wada e Iaaf: un altro capitolo del mistero riguarda infatti il comportamento del laboratorio di Colonia nel 2017, quando il giudice bolzanino chiese di consegnare le provette per permetterne l’analisi da parte del Ris di Parma. L’attesa durò fino al febbraio 2018: “Esistono forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento del predetto reato siano stati commessi una serie di reati“, ha scritto Pelino in un altro passaggio delle motivazioni. Dopo l’archiviazione decisa dal Gip di Bolzano, per il marciatore la battaglia torna in ambito sportivo, per sperare in un incredibile ritorno alle gare. Ma arrivano altri no a raffica. A maggio 2021 il Tas boccia una prima volta la richiesta di sospensione della squalifica. Poi arriva il no della Wada, infine – oggi – un altro rigetto da parte del Tribunale arbitrale dello sport. Nel frattempo Schwazer ha 39 anni e la sua carriera è al capolinea.

Articolo Precedente

Alex Schwazer, un’altra mazzata: il Tas respinge la sospensione della squalifica. Donati: “Ci ha sperato fino all’ultimo”

next