Non importa quanto silenziosamente il Cremlino abbia voluto gestire la morte del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, la cosa si è rivelata comunque clamorosa: alla vigilia delle elezioni presidenziali in Russia si è svolta la protesta politica più grande dall’inizio della guerra in Ucraina. Al funerale di Navalny, il 1 marzo, hanno partecipato da 12mila (le stime del media filogovernativo Readovka) a 23mila persone (secondo la fonte del canale d’opposizione Dozhd). Un altro giornale indipendente, Mediazona, ha analizzato i dati della metropolitana di Mosca e ha scoperto che dal 1 al 3 marzo alla stazione della metropolitana vicino al cimitero dove è stato sepolto Navalny sono arrivate 27mila persone in più del solito. Si tratta di una cifra estremamente piccola per una città di 13 milioni di abitanti, ma nella situazione di mancanza di libertà che è andata crescendo in Russia negli ultimi anni è una cifra sorprendentemente grande.

Navalny punta dell’Iceberg di un’opposizione più diffusa?
Considerando che negli ultimi due anni fino a
1 milione di russi con idee opposte a quelle del Cremlino potrebbero essersi spostate all’estero e che nel Paese regnano la censura militare e la repressione, è sempre più difficile stimare il numero di coloro che non sostengono il regime di Vladimir Putin e la guerra che sta conducendo. I sondaggi sono ugualmente difficili da analizzare. Secondo le stime del Centro statale per lo studio dell’opinione pubblica, circa il 70% dei cittadini approva la guerra e l’80% voterà per Putin. Allo stesso tempo, studi sociologici indipendenti mostrano che oltre il 40% dei russi è favorevole alla fine della guerra a qualsiasi condizione e preferirebbe votare per un candidato alternativo. Ad ogni modo, queste persone, per quante fossero, si sono viste in code lunghe diversi chilometri davanti alla tomba di Alexei Navalny. E li ha visti il Cremlino.

Nonostante il regime russo dichiari da anni che i dissidenti nel Paese sono pochissimi, considera per niente trascurabile il potenziale della protesta. La necessità di manipolare le elezioni, la gravità della repressione e il rafforzamento della polizia sono direttamente proporzionali alla minaccia avvertita dalle autorità. Gli investigatori, secondo il direttore del Fondo Anti-Corruzione Ivan Zhdanov, hanno tenuto segreto dove si trova il corpo di Navalny, spiegando ai parenti del politico che temono che “l’obitorio venga preso d’assalto”. Poi hanno ricattato la madre del dissidente per 10 giorni, rifiutandosi di restituirle suo figlio a meno che non avesse promesso di seppellirlo segretamente. Alla fine hanno permesso che i funerali si svolgessero a Mosca, ma si sono preparati come mai prima di allora per reprimere le proteste.

Lungo tutto il percorso dalla chiesa al cimitero sono stati dislocati centinaia di poliziotti e camionette, le colonne di persone sono state divise in diversi flussi per non creare “immagini” giornalistiche (secondo fonti di The Moscow Times, il Cremlino ha ordinato di evitare folle visibili, mentre ai media statali è stato chiesto di riempire lo spazio con altre notizie). Alla vigilia delle elezioni, qualsiasi manifestazione di disaccordo, anche la più innocente, irrita il regime. Dalla morte di Navalny i russi portano fiori ai memorial improvvisati nelle loro città, di notte la polizia ripulisce tutto per evitare che attirino l’attenzione passanti. Anzi, utilizza telecamere di sorveglianza per trovare e arrestare persone che hanno partecipato alle manifestazioni in memoria del politico. Sembra che le autorità russe temano e credano nell’opposizione russa più di quanto essa creda in se stessa.

Candidati fantoccio: tutti uomini ombra di Russia Unita
Per quanto riguarda le elezioni, questa volta praticamente a nessun rivale di Putin è stato permesso di parteciparvi. Di solito, per creare un’apparenza di libertà e diversità, un liberale “di tasca” veniva ancora ammesso accanto al presidente. Ora il Cremlino si rifiuta persino di fingere che vi sia pluralismo. Quest’anno Putin correrà contro tre candidati della cosiddetta opposizione sistemica, cioè partiti parlamentari la cui unica ragione di vita per più di 20 anni è stata quella di fare da ombra al partito del potere
Russia Unita. Si tratta di Leonid Slutsky, capo del partito nazionalista Liberal Democratico, Nikolai Kharitonov del Partito Comunista e Vladislav Davankov, membro del partito centrista Nuova Gente creato nel 2020.

Tutti loro sostengono la guerra e l’attuale governo, presentano un programma politico sbiadito e quasi non stanno incoraggiando le persone a votare per loro. In generale, la loro campagna elettorale si riduce in gran parte a brevi video gemelli che vengono trasmessi in blocco unico sui canali federali. Anche i dibattiti televisivi preelettorali, ai quali Putin tradizionalmente rifiuta di partecipare dicendo di essere occupato, sono poco vivaci. Vi partecipano solo Kharitonov e Davankov (Slutsky invia un rappresentante), ai quali viene chiesto principalmente di valutare le idee politiche di Putin. Prevedibilmente i candidati non trovano obiezioni né critiche.

Ma di questi tempi anche questo è coraggioso: alcuni candidati non hanno perso tempo e hanno ritirato la propria candidatura. I leader dei partiti Unione popolare russa e Comunisti di Russia, Sergej Baburin e Sergej Malinkovich, hanno saggiamente rifiutato di partecipare alla corsa presidenziale spiegando che “nei tempi difficili per la patria, non è il momento di frammentare la forza del popolo”.

Gli anti-guerra esclusi dalla Commissione elettorale
Ci sono state anche figure sulle quali anche l’opposizione russa a un certo punto ha riposto le proprie speranze. Il fatto è che già a novembre l’agenzia sociologica indipendente
ExtremeScan che studia le società di Ucraina, Russia e Bielorussia, ha registrato una notevole richiesta da parte dei russi per un candidato anti-guerra, notando però che difficilmente gli sarebbe stato permesso di partecipare alle elezioni. Questo è quello che è successo prima con la giornalista e deputata Ekaterina Duntsova e poi con il politico Boris Nadezhdin. Entrambi si sono espressi contro la guerra, a favore della liberazione dei prigionieri politici e del ripristino dei rapporti con l’Occidente. Non hanno avuto fretta di ritirarsi da soli, ma in questi casi il Cremlino dispone di una Commissione elettorale centrale che, grazie a numerose lacune nella legge, può decidere arbitrariamente chi può partecipare alla corsa elettorale.

Dopo il rifiuto, Duntsova ha continuato a cercare di creare un proprio movimento politico, mentre Nadezhdin, con visibile sollievo, è tornato nella palude politica dove aveva vegetato negli ultimi 30 anni. Sebbene sia stato proprio per lui, come portavoce della posizione pacifista, che i russi liberali di tutto il mondo si sono messi in fila (è stato lì e non al funerale di Navalny, che si sono visti per la prima volta dopo molto tempo). Secondo i calcoli di ExtremeScan, oggi un candidato contro la guerra in Russia potrebbe ottenere il 20% dei voti o anche di più. Un timido tentativo di raccogliere questo potenziale di protesta è stato fatto da Davankov. È l’unico tra i candidati che ha sostenuto Boris Nadezhdin e ha espresso pubblicamente le condoglianze per la morte di Alexei Navalny. Se eletto, promette di avviare negoziati di pace e, per esempio, sbloccare i social network vietati in Russia (Instagram, Facebook, Twitter). Questo è il motivo per cui alcuni leader dell’opposizione, come Maxim Katz, invitano i russi a votare Davankov per cercare di togliere voti a Vladimir Putin.

Le carte in mano all’opposizione
In generale, per evitare che le elezioni in Russia si trasformino nuovamente in una formalità burocratica per riconfermare Putin l’opposizione russa ha diverse strategie. Il primo è votare per qualsiasi candidato diverso da Putin (questo è ciò che, ad esempio, Navalny ha proposto poco prima della sua morte). Il secondo è rovinare la scheda elettorale selezionando la casella accanto a più nomi contemporaneamente, visto che le schede non valide vengono conteggiate insieme a quelle valide e alla fine vengono incluse nel 100% finale dei voti. Il politologo Dmitry Oreshkin crede addirittura che ci sia del
simbolismo in questo: votare per il “cittadino invalido” è un modo per rendere omaggio ad Alexei Navalny. Entrambe le parole in russo iniziano con “n” e finiscono con “y”.

Infine, la principale manifestazione di protesta contro la guerra e contro questo regime sempre più insicuro di se stesso è l’azione “mezzogiorno contro Putin”, invocata da tutti i politici dell’opposizione. L’idea è che tutti coloro che non sono d’accordo con ciò che sta accadendo nel Paese si rechino ai seggi elettorali alle 12 del loro fuso orario. Così, insieme alle code per Nadezhdin e ai funerali di Navalny, il “mezzogiorno contro Putin” potrebbe diventare un’altra protesta legale, dove i russi che condividono valori democratici e umanitari si vedranno, saranno visti dalle autorità russe e dal mondo intero.

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