di Stefano Lenzi*

Ma come è mai possibile che un governo si imbarchi nella già più che ardita impresa, dal punto di vista ingegneristico, di voler realizzare il ponte ad unica campata più lungo al mondo (3,3 km di lunghezza, più del doppio del ponte Yuvaz Sultan Selim, nel Bosforo di 1,4 km), senza nemmeno avere un’idea precisa di cosa significhi costruirlo nello Stretto di Messina, una delle aree a maggiore rischio sismico e più ventose del Mediterraneo? Perché ancora oggi, dopo 50 anni di studi di fattibilità e di progetti, mancano le informazioni basilari per assicurare che il ponte, a doppio impalcato (stradale e ferroviario) resti in piedi e che le persone possano transitarvi in sicurezza? Eppure, è proprio così. Il governo mette sul tavolo 11,6 miliardi di euro di fondi pubblici da oggi al 2032 (ma la stima arriva sino a 14,6 miliardi), affidando l’opera senza gara al general contractor Eurolink senza avere certezze.

Chi mette in discussione il progetto definitivo aggiornato (rispetto a quelli del 2011-2012) elaborato dal general contractor Eurolink (capeggiato da Webuild) non è un detrattore, ma dovrebbe far parte della schiera dei sostenitori del ponte. Eppure il Comitato Scientifico (CS) della Stretto di Messina SpA nel suo parere dello scorso 29 gennaio sulla “relazione del progettista” chiede invano, risposte su aspetti fondamentali, che rimangono sinora scandalosamente inevase.

Il terremoto del 1908 (magnitudo 7.1), a cui seguì un maremoto, provocò 80mila morti, radendo praticamente al suolo le città di Reggio Calabria e di Messina. Nel 2023 il terremoto che ha colpitole zone di confinetra Siria e la Turchia (magnitudo 7.8) ha provocato almeno 50mila vittime. Nel parere del CS si rileva che le valutazioni sismiche di progetto non vanno oltre la magnitudo 7.1 near field e si invita Eurolinka produrre i raffronti con i sismi avvenuti in passato in Centro Italia, in cui l’accelerazione di picco al suolo ha superato i valori di progetto, e con i terremoti succedutesi in varie parti del mondo dal 2004. La documentazione prodotta da Eurolink niente dice, sempre secondo il CS (pagg. 14 e 15 del Parere), sulla pericolosità di un possibile maremoto per i suoi impatti sulle opere di collegamento al ponte e durante la costruzione.

Lo Stretto di Messina è considerata una “galleria del vento” naturale, con venti che possono superare lo stadio di uragano, con raffiche di oltre i 130-140 km/h di Ostro e di Scirocco, caratteristici del Mediterraneo centrale. Il CS richiede analisi numeriche non lineari, necessarie per determinare i valori statici delle rotazioni e delle accelerazioni dell’impalcato soggetto a vento turbolento ed Eurolink risponde in maniera disarmante e arrogante che le analisi non lineari sono troppo dispendiose (pag. 47). Il CS insiste che quelle analisi servono per il dimensionamento statico e dinamico del ponte all’azione del vento ed Eurolink, infastidita rimanda alla risposta precedente. Non solo, nel suo Parere, il CS dice che vanno approfondite le “vibrazioni eoliche” sui pendini (gli stralli verticali che sorreggono l’impalcato) e le risposte al vento turbolento dello stesso impalcato (pagg. 50 e 51).

Ora, che il General Contractor Eurolink usi l’intollerabile escamotage di rimandare al progetto esecutivo per chiarire aspetti così importanti per capire la reale fattibilità del ponte potrebbe anche essere comprensibile anche se non dovrebbe essere tollerabile. E’ intollerabile perché solo dal 1981 al 2013 il GC è stato il maggior beneficiario di gran parte di quei 312 milioni di euro che sono stati spesi dalla concessionaria pubblica Stretto di Messina SpA (oggi resuscitata dal governo in carica, dopo essere stata sciolta 11 anni fa) per studi di fattibilità e progetti preliminare e definitivo.

Che il GC faccia il suo gioco è comprensibile, ma qual è il gioco del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini?

* Ufficio relazioni istituzionali WWF Italia

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